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Università di Parma

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI PARMA

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Cenni storici

Le origini

L'Università nell'alto medioevo

Gli anni difficili sotto i Visconti

Tra i Farnese e i Borbone

Napoleone e Maria Luigia

I giorni nostri

 

Le origini

Parma, colonia romana a partire dal 183 a.C., ha sempre rivestito importanza politica grazie alla posizione geografica centrale fra Val Padana, Liguria, Toscana: una collocazione che ha favorito intensi scambi economici e socio-culturali. Durante il periodo bizantino assume il nome di "Chrysopolis" (città dell'oro), probabilmente perché sede dell'erario; mantiene posizione rilevante tanto in età longobarda quanto in età carolingia. Ad una vocazione culturale della città sembra alludere la notizia dell'incontro parmense fra Carlo Magno e il dotto monaco Alcuino, nel 781: si tratta di un evento fecondo per l'Europa giacchè costituisce la premessa delle Scuole palatine, primo contributo alla rinascita culturale e politica dell'Occidente.

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L'Università nell'alto medioevo

Sicuramente già nell'alto medioevo esistono in città scuole di arti liberali entro le quali si sviluppa per tempo, anche per impulso della chiesa cattedrale, una propensione all'approfondimento della cultura giuridica. Lo storico del diritto Ugo Gualazzini ha ravvisato nella concessione dell'imperatore Ottone I al Vescovo Uberto della "potestatem eligendi sive ordinandi sibi notarios" (il diploma, del 962, è attualmente conservato nell'archivio vescovile) l'istituzionalizzazione di scuole pubbliche superiori di diritto. Certo questa vocazione, e la presenza in città di maestri di spicco, sono ben documentati più avanti nel tempo (XI-XII secolo) dagli scritti di illustri intellettuali: san Pier Damiani (allievo e maestro nelle scuole parmensi), Anselmo il Peripatetico, Donizone.
Assumono ad esempio un rilievo particolare i versi di quest'ultimo nella "Vita Mathildis" (1115): "All'uso dei Greci ancora Parma viene chiamata Crisopoli, che in latino significa città d'oro; come a dire che primeggia nella grammatica e che in essa sono coltivate con passione tutte e sette le arti".

A ragione dunque lo storico tedesco Ernest Dümmler afferma che la città é sede celebrata di studi in Europa a partire dal secolo XI, quando vi affluiscono allievi dall'Italia e d'Oltralpe; è il caso di Lamberto il Seniore, venuto dalla Diocesi di Liegi a completare i suoi studi presso Drogone di Parma e successivamente di Sinibaldo Fieschi il futuro Innocenzo IV e di Simone de Brion il futuro Martino IV. D'altra parte non pochi maestri partono da Parma per insegnare in Università italiane ed europee; tra loro si ricorda almeno quel Giovanni Buralli che, dopo aver letto dialettica in Parma nel 1230, diventa, col nome di Fra' Giovanni da Parma, uno dei più insigni Professori della Università di Parigi.

Le varie redazioni degli statuti comunali (1255-1347) provvedono in più punti a disciplinare le attività di scolari, maestri, dottori, testimoniando il radicamento in città dello Studio, la cui legittimità, secondo la dottrina, è garantita da un "privilegio ab immemorabili".

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Gli anni difficili sotto i Visconti

Con la crisi delle istituzioni comunali e con l'affermazione di varie signorie (XIV secolo), lo Studio subisce pesanti contraccolpi: difendono la sua sopravvivenza e la sua qualifica di "Studium generale" il giurista Riccardo Malombra, nonché Bartolo da Sassoferrato.

La presenza a Parma di Francesco Petrarca, che negli anni Quaranta iscrive allo "Studium" il figlio Giovanni sotto la guida del giurista Gabrio Zaninoni, dimostra anche la qualificazione culturale della città, costante meta di intellettuali.

Entrata a far parte dello stato di Milano, Parma vede soppresso il proprio "Studium" per opera di Galeazzo Visconti (1387) che palesemente favorisce quello pavese. Furono decenni di grosse difficoltà. Bisogna attendere la dominazione di Niccolò d'Este per una rinascita dell'Ateneo. Risalgono alla prima metà del secolo XV la rielaborazione degli statuti dei collegi dottorali e studenteschi e la regolare redazione delle matricole. In questo periodo, tengono cattedra di diritto illustri docenti e fra tutti il canonista Niccolò de Tedeschi (detto "Abbas Panormitanus").

La rinascita tuttavia fu di breve durata a seguito del ritorno di Parma sotto le dominazioni viscontea e sforzesca. L'"humus" culturale é tuttavia talmente consolidato che a Parma operano umanisti quali Beroaldo, Ugoleto, Grapaldo, artisti come il Correggio e il Parmigianino. Si afferma anche l'arte tipografica.

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Tra i Farnese e i Borbone

Con l'avvento dei Farnese, dopo il 1545, si assiste ad una grande ripresa della politica culturale: la magnificenza dei duchi favorisce la progettazione e la realizzazione di opere architettoniche tese a trasformare Parma in capitale di respiro europeo.

Lo Studio, gestito dai gesuiti, è dotato da Ranuccio I (1602) di ingenti mezzi, di privilegi per docenti e studenti, di strutture efficienti, fra le quali il Collegio dei nobili, destinato alla formazione della classe dirigente non solo parmense: un'istituzione che vede il suo massimo splendore nel Settecento, con l'afflusso di studenti provenienti da tutt'Italia (e fra essi si possono ricordare Beccaria ed i fratelli Verri).

La dinastia dei Borbone, succeduta nel 1748 all'estinta casa Farnese e ad un breve interregno austriaco, non solo prosegue la politica culturale dei predecessori, ma attraverso l'emanazione delle "Costituzioni per i nuovi regi studi" (1768) dà compiuto regolamento a tutto il settore dell'istruzione, dalle scuole primarie all'università; fonda inoltre le istituzioni indispensabili allo sviluppo della società civile, come la Biblioteca Palatina, il Museo d'Antichità, l'Orto Botanico, l'Osservatorio Metereologico, l'Accademia di Belle Arti.
L'Ateneo viene dotato di gabinetti di fisica, di teatri di anatomia, di una Scuola di Veterinaria.

Al tempo di don Filippo, di don Ferdinando e del ministro Du Tillot (seconda metà del secolo XVIII) la città, denominata "piccola Atene d'Italia", vede all'opera intellettuali di profilo europeo: Condillac, Millot, Paciaudi, Frugoni, Manara, Mazza, Castione di Rezzonico.

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Napoleone e Maria Luigia

Nel periodo napoleonico l'Università subisce le vicende delle altre istituzioni universitarie. È il caso di ricordare che Giandomenico Romagnosi, laureatosi nell'Università di Parma, nel 1805 venne chiamato a ricoprire la cattedra di diritto pubblico universale nella Facoltà di Giurisprudenza.

Durante la Restaurazione e l'insediamento di Maria Luigia d'Austria (1816) l'Università riprende la sua tradizionale configurazione.

Il governo illuminato della duchessa aggiunge agli istituti esistenti quelli di Chimica farmaceutica e di Ostetricia, potenziando la scuola di Veterinaria. Nell'Ateneo insegnano il filologo Mazza, l'orientalista De Rossi, il medico Rubini, il fisico Melloni, il letterato Giordani, il fisiologo Tommasini ed altri ancora. È il periodo in cui la città si arricchisce tra l'altro della stamperia di Bodoni, della grafica di Toschi, della pedagogia di Taverna, della musica di Verdi e di altri compositori. Ma, in seguito ai moti del 1831, cui aderiscono studenti e docenti (Gallenga, Melloni, Sanvitale), la duchessa sospende l'attività didattica nell'ateneo, trasferisce a Piacenza la Facoltà di Giurisprudenza, divide in due tronconi la Facoltà di Filosofia.

Nel 1859 l'Università riprende in pieno la sua attività, anche se si vede mutilata di alcune Facoltà per decreto del prodittatore Farini. Segue una fase di assestamento che vede ancora una volta la Città impegnata a tutelare la sua Università.

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I giorni nostri

A partire dalla fine dell'Ottocento, l'Ateneo si sviluppa in modo costante e cospicuo fino a raggiungere i livelli odierni.

Di particolare rilevanza l'insediamento di settantasette ettari di Via Langhirano - Parco Area delle Scienze - dove si trovano i Corsi di Laurea di Agraria, Architettura, Farmacia, Ingegneria e Scienze MM.FF.NN., alcuni Centri interdipartimentali e numerose strutture sportive che fanno capo al C.U.S. - Centro Universitario Sportivo.

L'Università è impegnata altresì a sviluppare una intensa attività di cooperazione nell'ambito dei programmi dell'Unione Europea e di altri progetti internazionali. In questa prospettiva si inserisce anche l'attività del Collegio Europeo che ha la finalità di formare esperti nelle problematiche dell'Unione Europea e di fornire un peculiare contributo alla costruzione di una società europea ed internazionale fondata sul riconoscimento, sulla tutela, sulla promozione dei diritti, vecchi e nuovi, della persona umana e dei popoli.

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