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La Chimica per 'costruire' i farmaci (Siena)

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI SIENA

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La collezione senese di Chimica farmaceutica conta 325 strumenti da laboratorio, vetreria e arredi, cui si sommano 236 farmaci di vecchia produzione. Dalla seconda metà dell'Ottocento, l'acquisizione patrimoniale di questi beni mobili in entrata e in uscita è documentata dai vecchi registri di Istituto: si tratta di libri a grande formato con la copertina cartonata e rivestita di carta marmorizzata, consegnati al direttore di Istituto per la contabilità inventariale secondo le norme ministeriali. La loro utilità è fondamentale nella ricerca documentaria degli strumenti ancora esistenti che, una volta catalogati, vanno a formare la collezione; dunque i registri inventariali sono fonti archivistiche preziose che confermano i dati degli oggetti e allo stesso tempo restituiscono qualche informazione storica.

La compilazione nel registro più vecchio inizia con oltre un centinaio di numeri d'inventario che descrivono la dotazione del Gabinetto di chimica farmaceutica all'inizio dell'anno 1871. Ricordiamo che dai tempi della costituzione della cattedra di Chimica farmaceutica (1817) e grazie agli acquisti ordinati dal professor Pietro Tommi fino al 1822, si possono rintracciare alcuni strumenti per l'allestimento del Gabinetto, a cui fu destinato un fondo iniziale di 4000 lire.

Nell'inventario in oggetto si legge la ricognizione dei beni esistenti, anche «da molto tempo», allestiti nei locali del palazzo del Rettorato, vecchia sede del Gabinetto, iniziando dagli arredi della Stanza del Professore , del suo laboratorio dove è menzionata una cassa per le canne di vetro. La descrizione continua con la camera oscura, dotata del «mobile per il reagentario», proseguendo nella stanza dell'assistente e il lungo corridoio allestito a parete con grandi armadi a vetri, dove su ripiani «a palchi» erano collocati libri e apparecchi da laboratorio. Per inciso svariati di questi armadi sono giunti fino a noi e sono tornati ad alloggiare molti materiali storici.

Tali strumenti, uniti ad altri più vicini a noi e a una interessante raccolta di farmaci antichi, vengono presentati in questo percorso che dà conto della evoluzione del sapere chimico e del suo impiego a fini farmaceutici e che delinea la storia dell’insegnamento della Chimica farmaceutica nell’Ateneo senese.


 Gli oggetti più rappresentativi della collezione

Gli strumenti per gli esperimenti di Chimica

Gli strumenti più antichi facenti parte della collezione senese di Chimica farmaceutica sono riconducibili agli anni precedenti al 1860. Tra questi: una bilancia di Deleuil, la stufa di Gay-Lussac, un microscopio Hartnack, il gasometro di Regnault, la cassetta per la ricerca dell'azoto o ammonimetro, l’apparecchio per la ricerca del mercurio e quello Salleron per la ricerca dell'alcool, proseguendo con refrigeratore, alambicco, buretta, campane, di Kipp, apparecchi areometri, imbuti, cilindri, crogioli, mortai, capsule, storte etc., i tipici attrezzi da laboratorio chimico.

Qui di seguito (da sinistra a destra):

  1. Forno a muffola modello Wiesnegg con fornello a fiamme, 1892 
  2. Galvanometro a specchio, Leeds & Northrup Co. Philadelphia, 1952 recto
  3. Spettroscopio di Kirchoff, Kruss (Amburgo), 1908


La macchina per gassose

Nella collezione del Gabinetto di Chimica farmaceutica tra gli oggetti più antichi c'è un apparecchio per la produzione di bevande gassate, ottenute con l'impiego dell'acido carbonico in polvere. Il modello, ad uso casalingo, è chiamato nella lingua originale «appareil gazogène Briet»: è un sifone a doppio recipiente, con caraffa e bottiglia in vetro soffiato, rivestite di paglia di Vienna, dalla struttura di metallo con un rubinetto che separa le due parti, la bottiglia è montata su una base di porcellana mentre la caraffa superiore è piana all'estremità in modo da essere ribaltata. L'esemplare è corredato da accessori quanto mai rari: due scatole di acido carbonico in capsule di metallo e un'altra bottiglia impagliata, da mezzo litro di capacità con chiusura ermetica del tappo contenente il vano per la capsula.

Il suo sistema rispondeva principalmente sulla disposizione di un tubo interno che faceva comunicare in un modo speciale tra loro i due recipienti dell'apparecchio, destinati a ricevere: uno, la caraffa superiore, il liquido da gassare, l'altro, la bottiglia inferiore, le polveri produttrici di gas. La sua particolarità rispetto alle bottiglie semplici con sifone era che le polveri non avevano nessun contatto con l'acqua da bere, indispensabile condizione igienica.

La Fisiologia aveva determinato l'azione digestiva dell'acido carbonico, dunque scienza e industria misero a profitto le diverse proprietà delle acque: si intraprese la fabbricazione dell'acqua di Seltz artificiale, essendo una tra le più famose e diffuse acque minerali naturali al secolo XIX.

Ben presto seguì una florida produzione industriale di queste acque, imitando specialmente quelle di Seltz e di Vichy, ne superarono a volte le qualità, visto il dosaggio proporzionato alle necessità secondo l'idrologia medica; dopo il 1815 fu registrata la distribuzione di milioni di bottiglie senza giungere a soddisfare tutta la richiesta.

La «Macchina per le gazose» senese fu acquisita col n. 42 del registro d'inventario nell'anno 1861 e riporta inciso sulla manopola del rubinetto il marchio BRIET Bte, S.G.D.G. A PARIS, antica Maison fondata da Briet nel 1844 e già nello stesso anno premiata con una medaglia per il suo apparecchio gasogeno all'Esposizione Nazionale.

 


La collezione di antichi farmaci

La collezione di farmaci si è andata formando negli anni a partire da un nucleo di pochi esemplari raccolti negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso dal professor Alberto Neri docente di Tecnica farmaceutica presso la Facoltà di Farmacia.

Negli anni successivi la raccolta è stata accresciuta e conservata in due armadi dell’Istituto di Chimica farmaceutica, nella vecchia sede di via Banchi di Sotto, ad uso didattico per mostrare agli studenti il tipo e la varietà dei prodotti farmaceutici esistenti in commercio, e il modo in cui le modalità di confezionamento dei farmaci si sono evolute nel tempo. Mantenendo la funzione essenzialmente didattica, il criterio espositivo adottato ha rispettato i criteri cronologici, piuttosto che formali o di indicazione terapeutica del prodotto. Nel progetto di salvaguardia del patrimonio storico anche questa collezione di farmaci acquista un certo interesse storico-scientifico, poiché molti dei quali sono i primi medicamenti ottenuti per sintesi chimica grazie a un grande sviluppo farmacologico di tipo industriale.

La raccolta senese annovera 236 confezioni farmaceutiche e galeniche, in gran numero integri nella confezione originale, altri ancora sono campioni gratuiti per i medici, essi comprendono le principali forme farmaceutiche, quali compresse, polveri, capsule supposte, fiale, gocce e sospensioni orali. Un corposo numero di farmaci appartengono alla Bayer: 44 esemplari si riferiscono alla produzione che va dalla fine del secolo XIX agli anni Venti del Novecento e altri 10 sono successivi, avendo l'etichetta I.G. Farben, monopolio di società chimiche tedesche che si costituì nel 1925. Questi della Bayer insieme ad altri di ditte tedesche minori sono tra i farmaci più vecchi presenti, forniti presumibilmente tramite un acquisto dell'Istituto, di cui al momento l'unica fonte di tipo amministrativo è desunta dalla presenza di un'etichetta con un numero di inventario.

Altri medicinali risalgono ai decenni della seconda metà del secolo, in cui le prescrizioni riguardavano la popolazione bisognosa di vitamine, calcio ecc., fino ai primi contraccettivi.

Nella collezione la varietà dei gruppi terapeutici delle sostanze indicano una notevole testimonianza degli interessi scientifici e farmacologici dello scorso secolo.  Le categorie terapeutiche rappresentate sono: Anestetici locali - Antibatterici - Antinfiammatori - Cardiovascolari - Disinfettanti - Estratti d'organo - Metabolici - Neurofarmaci - Parassiticidi - Respiratori - Tossici - Topici.

 


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