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La vita negli ambienti desertici

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DELLA TUSCIA

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L’Orto Botanico “Angelo Rambelli” e la sezione tematica di Micologia del Museo Nazionale dell’Antartide “Felice Ippolito” propongono questo percorso per illustrare gli ambienti desertici caldi e freddi e gli adattamenti degli organismi per sopravvivere in condizioni di aridità, talvolta apparentemente incompatibili con la vita.

A sx: scorcio della sezione "Deserto", a sx: percorso di visita lungo il "Costone roccioso"

I Deserti

La parola deserto deriva dal latino desertum, verbo deserere e significa "solo, abbandonato"; pertanto con questo termine si indica, un'area popolata da scarse forme di vita altamente adattate; l’alta pressione atmosferica limita le precipitazioni che difficilmente superano i 250 millimetri l'anno ed in alcuni casi possono mancare per anni.

I deserti costituiscono una parte cospicua del pianeta: la loro superficie totale è di 50 milioni di chilometri quadrati, circa un terzo della superficie della Terra, di cui il 16% è costituito da deserti caldi ed il 14% da deserti freddi.
Se ne possono distinguere tre tipologie principali:

  • Il deserto caldo che può essere definito roccioso, sabbioso o ghiaioso in funzione della tipologia di suolo. La vegetazione è ridotta o assente e mancano corsi d'acqua perenni;
  • Il deserto freddo che è presente nelle regioni temperate più continentali, caratterizzate da fortissima aridità e da notevolissime escursioni termiche, con estati caldissime e inverni freddissimi;
  • Il deserto polare (deserto bianco), presente nelle regioni settentrionali e meridionali a margine dei continenti boreali e australi (Groenlandia, Artide e Antartide), caratterizzato da freddo intenso e perenni distese di neve e ghiaccio; il clima a cui si associa tale ambiente è il clima glaciale.

Adattamenti

Scarsissime quantità di acqua e temperature estreme sono i motivi per cui la vita nel deserto è una sfida. Tanto nei deserti caldi quanto nei deserti freddi, le forme viventi diventano sempre più rare e specializzate procedendo verso le zone più interne. Interessanti sono le strategie che i viventi, animali e vegetali, hanno evoluto per sopravvivere e adattarsi a condizioni di vita estreme. 

I Deserti caldi

Negli ambienti aridi, per utilizzare al meglio l'acqua disponibile, le piante hanno evoluto numerose strategie di sopravvivenza sia fisiologiche che morfologiche. Talvolta esse concentrano nel periodo delle piogge la fase di sviluppo vegetativo; solitamente durante la stagione arida perdono le foglie, quando presenti; in alcuni casi svolgono la fotosintesi anche a stomi chiusi (fotosintesi CAM - Crassulacean Acid Metabolism). La morfologia delle piante può variare sensibilmente: compaiono forme cilindriche o sferiche che espongono alla luce la minima superficie traspirante; possono essere presenti appositi tessuti di riserva in cui immagazzinare temporaneamente l’acqua assorbita in condizioni favorevoli (piante succulente); le foglie possono scomparire o ridursi fino a diventare spine, come nelle Cactacee, o essere ricoperte di una fitta peluria che rallenta la traspirazione, come in numerose specie arbustive; spesso è presente un apparato radicale esteso per la captazione di tutta l'acqua disponibile nel suolo. 

I Deserti polari

Ci sono più di 5.000.000 di chilometri quadrati di deserto polare sul nostro pianeta per lo più situati in due regioni: l'Artico e l'Antartide. Sebbene il 70% dell’acqua dolce del pianeta si trovi in Antartide, essa è in forma congelata e quindi non disponibile per i processi biologici; pertanto il continente in toto è considerato il più grande deserto al mondo. L’Antartide continentale presenta temperature sempre al di sotto dello 0 per tutto l’arco dell’anno, comprese tra -26°C/-30°C durante il mese più freddo (agosto) e medie annuali di -17°C/-19°C. In alta quota e sul plateau possono scendere notevolmente: le misurazioni più basse sono stato di -89,2 alla Stazione Russa Vostok nel 1983 e -92,3 °C nell’area est continentale da misurazioni satellitari nel 2010. Le precipitazioni, presenti soltanto sotto forma nevosa, sono piuttosto scarse con medie annue che oscillano tra 100 e 200 mm, ma in alcune aree si calcola che non ci siano precipitazioni da milioni di anni. Vi sono due sole specie di piante vascolari distribuite esclusivamente nella penisola antartica, mentre nell’Antartide continentale la funzione di produttori primari è svolta da qualche muschio, soprattutto lungo le coste, e da licheni; questi vivono sulle rocce delle aree deglaciate che rappresentano il 2% del continente. Le Valli Secche di McMurdo, con una superficie di 4000 km2, costituiscono la regione priva di ghiacci più ampia dell’Antartide; qui, ed in alcune altri affioramenti rocciosi rappresentati dalle vette della catena transantartica, le condizioni ambientali raggiungono e superano il limite di tollerabilità per la vita ed i licheni ed i microorganismi ad essi associati, trovano una nicchia protetta all’interno delle rocce porose, formando comunità endolitiche. L’endolitismo è l’adattamento più spettacolare alle proibitive condizioni ambientali e la forma di vita più diffusa in quegli ambienti. 
Gli organismi di queste comunità vivono al limite del loro potenziale biologico e sono tra i più resistenti ad oggi conosciuti. In particolare un gruppo di microfunghi è in grado di sopravvivere ad estremi di temperatura, essiccamento, radiazioni ultraviolette, radiazioni ionizzanti e perfino condizioni spaziali reali. Presentano pareti cellulari ispessite e ricche di melanine; queste caratteristiche li proteggono dai numerosi stress ambientali. Hanno cicli vitali ridottissimi, in modo da poter essere conclusi con successo anche nelle brevissime finestre temporali in cui possono avere una vita attiva; il resto del tempo rimangono congelati ed in uno stato di quiescenza.

 
Testo e immagini:  Laura Selbmann, Monica Fonck

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