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Il popolamento umano della Sardegna

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI CAGLIARI

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La Sardegna presenta una varietà territoriale notevole, che comprende diverse tipologie di ambienti naturali: le ampie pianure dei Campidani di Cagliari e Oristano, le aree interne montuose, le coste di varie morfologie. Fin dalla sua comparsa sull'Isola, l'essere umano ha saputo approfittare delle varie risorse territoriali per creare insediamenti e luoghi di importanza cultuale. Il popolamento della Sardegna può essere indagato con prospettive molto diverse, testimoniate da alcune collezioni dell'Università di Cagliari: i reperti antropologici del Museo Sardo di Antropologia ed Etnografia ci permettono di ricostruire la storia biologica delle popolazioni della Sardegna attraverso l’evoluzione morfologica.

Alcuni siti archeologici di epoca proto-storica

La necropoli di Li Muri e la tomba dei giganti di Li Lolghi (Arzachena, in provincia di Sassari).

Un esempio di reperto:
Il Cranio di Seulo (Calotta cranica con trapanazione sul vivente)

Luogo origine: Seulo (CA)
Periodizzazione: Età nuragica - Datazione C14: 3470+/-60 B.P.
Luogo di conservazione: UNICA - Museo Sardo di Antropologia ed Etnografia
Serie: SEULO - Cannisoni e Gastea - reperto M; n. cat. MSAE 7640
Età: adulto maturo; Sesso: maschile; Particolari: Trapanazione cranica sul vivente; tre fori sul lato sinistro

Vai alla 3D view su http://www.sardoa.eu/

Il primo Homo della Sardegna

Ll'itinerario si sviluppa attorno alla personalità del fondatore del Museo Sardo di Antropologia ed Etnografia, Carlo Maxia, che volle studiare le popolazioni della Sardegna a partire dalla preistoria inquadrandole nei rispettivi contesti geografici e culturali. Il primo quesito con cui dobbiamo confrontarci riguarda la specie di ”Homo” che per primo popolò, o meglio arrivò in Sardegna.

La prima presenza dell’Uomo in Sardegna viene attualmente ipotizzata nel Pleistocene medio iniziale (Martini e Ulzega, 1989-90; Martini, 1999. Il popolamento umano (Homo sp.) viene desunto dal ritrovamento nell’Anglona, Comuni di Perfugas e Laerru, di manufatti litici del Clactoniano arcaico attribuibili a circa 500.000 anni fa ed ad una sua fase più evoluta riconducibile a ca 150.000 anni fa. La più antica presenza di Homo sapiens in Sardegna verrebbe attualmente individuata per l’orizzonte culturale del Paleolitico superiore in base al ritrovamento di una porzione prossimale della prima falange di una mano, avvenuto nella parte superiore del sondaggio del quadrato E05, livello DEF-27, della Sala 2 della Grotta Corbeddu presso Oliena. La falange, in conseguenza dell’età attribuibile al livello DEF-27, è stata datata come risalente a circa 20.000 anni fa (Sondaar et al., 1993; 1995; 1998, ); ad essa non è stato associato nessun manufatto e quindi non è possibile stabilire se l’individuo a cui apparteneva fosse portatore delle coeve culture gravettiane continentali (Sondaar et al., 1993). Manufatti litici e reperti scheletrici indicano la presenza umana nel Paleolitico superiore e nel Mesolitico. Dal Neolitico in poi è documentata la continuità della presenza dell’Uomo in Sardegna e risultano inoltre diversi i ritrovamenti scheletrici avvenuti  nell’Isola. Di rilievo il ritrovamento attestante la presenza umana nella Sardegna centro-occidentale durante l’Olocene antico nel sito di S’Omu e s’Orku - Arbus (Rosalba Floris et al. 2012).

Nell’ambito del dibattito sulla origine e composizione della popolazione sarda risulterebbe maggiormente accreditata l’ipotesi di una sua eterogeneità conseguente soprattutto alle immigrazioni di piccoli gruppi umani del Paleolitico superiore e del Neolitico (Sanna, 2006, 2009; D’Amore et al., 2010).


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