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La pietra calcarea di Puglia, da risorsa naturale a patrimonio culturale

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI BARI

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I campioni del Museo di Scienze della Terra selezionati per questo percorso appartengono a una raccolta di pietre ornamentali, da costruzione e utilizzate per la realizzazione di utensili, particolarmente espressiva delle peculiarità geologiche del territorio. 
In Puglia, l’utilizzo della pietra ha tradizioni antiche e prestigiose: dalle cave paleolitiche di selce sul Gargano al Barocco leccese, la cui estetica tanto deve alle caratteristiche uniche della pietra lavorata. 
Anche in ambito rurale, l'utilizzo della pietra disegna il paesaggio: dai muretti a secco ai trulli, alle costruzioni a pignon, dalle Masserie ai Castelli, per giungere agli edifici più attuali. 
Significativi sono stati i risvolti ambientali e sociali, in particolare per quanto riguarda l’attività estrattiva della pietra ornamentale. Quest’ultima, infatti, ha avuto larga diffusione negli ultimi 150 anni producendo una serie di danni al paesaggio. La legislazione ha posto sotto controllo la situazione, ma restano profonde cicatrici a segnare il territorio e, dal punto di vista sociale, i limiti imposti dalla normativa e le vicende di mercato hanno indotto la riduzione drastica di un’attività di fondamentale importanza per il sostentamento di una porzione cospicua della popolazione pugliese.

Una storia lunga millenni

Fin dal Paleolitico, ovvero dal tempo della prima colonizzazione documentata del Gargano, il territorio pugliese ha fornito all'uomo le materie prime per realizzare i propri manufatti litici, chopper, raschietti ed altro. Industrie litiche di età successiva sono diffuse su tutto il territorio.

A partire dal Neolitico, e sempre nel Gargano, è testimoniata I'estrazione sistematica della selce. La cava in sotterraneo di Defensola, presso Vieste, è il primo esempio nell'Europa occidentale di come l'uomo, con rudimentali picconi e mazzuoli (anch’essi di selce) e con I'aiuto di lucerne di pietra, ha lottato per l'approvvigionamento della selce, materia prima cosi importante da favorire lo sviluppo di quei popoli.

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A partire dall'età del Rame, la selce ha probabilmente sollecitato lo sviluppo di attività economiche organizzate e volte al suo sfruttamento.

Come si può ben comprendere, quindi, la consuetudine  di utilizzare la pietra ha radici molto profonde nella cultura dell'uomo pugliese. Sembra che essa gli appartenga fin dai suoi primi passi, su questo singolare territorio ricco di contrasti e di colori che si riflettono nella stessa varietà delle rocce. E' proprio su quest’ultima proprietà della roccia, di presentarsi con caratteristiche cromatiche, tessiturali e tecniche molto diverse, ma sempre compatibili con le attività antropiche essenziali, che è stata costruita una delle attività più fiorenti della Puglia: l'attività estrattiva. Essa, in generale, ha sempre avuto le seguenti caratteristiche: la pietra ornamentale o "marmo" proviene dai distretti di Bari e di Foggia; la calcarenite o "tufo' proviene per lo più dal distretto di Lecce e, secondariamente, dai distretti di Bari, Taranto, Foggia e Brindisi; il materiale calcareo per inerti proviene, per lo più, da tutti distretti della regione.

Fra i primi scritti che riguardano Ia coltivazione della pietra in Puglia troviamo quelli di Michelangelo Manicone, Frate Minore Osservante della Provincia di S.Angelo (Prov. di Foggia), a cavallo fra il XVIII e XIX sec., che lamenta la scarsa importanza attribuita alla pietra garganica, compatta e bella per colore e per tessitura.

Con riguardo alla roccia calcarea mesozoica (135-64 Ma da oggi) impiegata e proveniente dagli estesi affioramenti della regione, numerosi sono gli elementi architettonici del territorio che contraddistinguono il paesaggio pugliese: dai muretti a secco ai trulli, alle costruzioni a pignon, dalle Masserie ai Castelli, per giungere agli edifici più attuali. Tutte strutture architettoniche che sono l’espressione del lavoro di generazioni di contadini e di pastori che hanno utilizzato la pietra adattandola alle proprie necessità, fino a divenire veri e propri cavatori. Essi hanno costruito un patrimonio che rappresenta l’aspetto originale e caratterizzante della civiltà di un popolo. Un popolo legato ad un territorio, quello pugliese, che gli ha reso la vita dura ed aspra ma, soprattutto, gli ha dato la dignità e l’orgoglio tipici degli uomini di origine contadina.


Diversi usi e tipologie costruttive sul territorio pugliese 


I muretti a secco 

Nella cartografia I.G.M.I. alla scala 1:25.000, si leggono chiaramente gli innumerevoli chilometri di muretti a secco del Gargano, delle Murge e della Penisola salentina. Costruiti con la pietra locale, essi raggiungono di frequente uno sviluppo 6-8 km, fino ad un massimo di 14 km, su un territorio di un chilometro quadrato. I muretti a secco bordano le strade, circondano e delimitano aree coltivate sempre più piccole, sono recinti per il bestiame (jazzi), individuano piccoli impluvi, terrazzano pendii acclivi. Rappresentano una barriera contro l'azione del vento sul suolo, anche riducendo l'evaporazione dell'acqua in esso contenuta; proteggono gli ortaggi, le giovani piante ed il fogliame. Essi impediscono l'azione erosiva delle acque dilavanti. 

Durante la stagione calda e secca, e tanto più la stagione calda si prolunga, i muretti a secco catturano l'acqua per condensazione e la trasferiscono alle piante attraverso il terreno, un rifornimento modesto ma costante.

Tale forma di approvvigionamento idrico era già consigliata da Abramo, nella sua terra di origine, la Mesopotamia ove, tra l’altro, erano già in uso abitazioni del tipo dei trulli. 

 

I trulli  

Sono presenti praticamente in tutta la Puglia con particolarità di forme e di uso che cambiano con l'ubicazione geografica. Le varie tipologie differiscono per lo più per la parte inferiore che può assumere, a seconda delle zone, una forma cilindrica ovvero parallelepipeda o cubica. La  copertura è quasi sempre a "cono". Essa è realizzata prevalentemente con le famose "chiancarelle", ossia elementi lastriformi di calcare proveniente dagli affioramenti degli orizzonti più alti della formazione del "Calcare di Bari", che i "trullari" dispongono in corsi circolari sempre più piccoli fino ad arrivare alla chiave di volta. 

Girolamo Acquaviva d’Aragona (1600-1665), detto il “Guercio”, conte di  Conversano, pare che avesse vietato l’uso di malte per evitare la tassa imposta dal re di Napoli sulle nuove costruzioni. In caso di ispezioni le case così costruite si sarebbero potute smontare e ricostruire in breve tempo.

Strutture simili a quella del trullo sono state rintracciate in Egitto, Mesopotamia, Grecia, Dalmazia, Sicilia e Sardegna. Alcune di queste vengono fatte risalire al terzo millennio a.C. E’ molto probabile, quindi, che si tratti di una tipologia costruttiva importata.

In Puglia le prime testimonianze documentali che indicano chiaramente la presenza di trulli, risalgono al XIV sec., ma solo dalla metà del XVI sec. questi furono adibiti ad abitazione permanente.

Costruzioni a “pignon”  

Esiste in Puglia un altro modello edilizio, forse meno conosciuto dei trulli, che ha caratterizzato il nostro territorio, il pignon. Un altro modulo architettonico concepito in maniera diversa dal trullo e che potrebbe avere origini più antiche. Ebbe una notevole diffusione con il fenomeno della transumanza. Molti degli jazzi (recinti per il bestiame) e delle masserie pugliesi tra il XVII e il XIX sec. contengono delle costruzioni a pignon. 

Dotato di notevole variabilità dimensionale, ha le pareti in pietra e composte da un doppio paramento murario, costruito spesso senza malta, ed un tetto a due falde, a forte pendenza e rivestito con chiancarelle, detto a "pignon" o a "làmia" (denominazione locale). La costruzione ha pianta rettangolare e la funzione statica del manufatto è assolta principalmente dalle murature disposte sui lati maggiori, mentre quelle realizzate sui lati minori hanno la prerogativa di fungere da “tompagni”.

La soluzione a pignon fu adottata per molte chiese e cappelle (ad es. la chiesa di Santa Maria della Greca e quella di Sant'Anna sotto le mura a Locorotondo, la chiesa di S. Nicola dei Greci a Martina Franca).

Il modulo a pignon è stato anche l'elemento generatore di molte delle antiche fabbriche che caratterizzano i nuclei urbani di Locorotondo, Cisternino e Martina Franca nonché, rimanendo nel territorio della "Murgia dei Trulli", è un fenomeno edilizio che ha riguardato le città di Putignano e di Noci. 

Masserie  

Una delle peculiarità della campagna pugliese è la masseria. Una sorta di cittadella autonoma, ubicata in posizione strategica e con possibilità difensive, accessibile attraverso tratturi disagevoli. Nelle forme attuali si sviluppa a partire dal XIV secolo. Nella masseria tutto ruota attorno ad una grande corte, un lato della quale è occupato dall’abitazione del proprietario (ed in seguito del massaro affidatario); la corte è affiancata da tutta una serie di ambienti di servizio funzionali alle attività della masseria. Il nucleo emergente di tutto il complesso è la parte destinata alla residenza che tra il '700 ed '800, insieme alla chiesa o cappella cui spesso è collegata, ha subito le trasformazioni strutturali più significative. Cessate le necessità di dotarsi di elementi difensivi (in tal caso si parla di una vera e propria "masseria fortificata") essa si è progressivamente ampliata ed ingentilita con logge, terrazzi, scaloni monumentali esterni e saloni talora affrescati, ripresi nello spazio esterno da statue, fontane e pergolati. 

 

Qui sotto: Masseria Cocevole (Gioia del Colle – Ba), XIX sec. Gli elementi decorativi svolgono una funzione intimidatoria e difensiva. Nella foto di dettaglio si vedono i canali di scolo delle acque piovane a forma di bocche di cannone, invece attraverso la bocca delle maschere apotropaiche e i rosoni era possibile inserire la canna dei fucili. (Foto per gentile concessione della Proloco di Gioia del Colle)

Castelli  

Costruiti in Puglia, per la prima volta dai Normanni, all'inizio dell'XI sec., i castelli rispecchiano nelle loro caratteristiche ed espressioni architettoniche le varietà di materiali lapidei presenti in Puglia. Dal Castello di Trani con murature in blocchi di pietra calcarea e realizzata con conci leggermente bugnati; al Castello di Bari, voluto dai Normanni all'inizio del XII sec., in cui i blocchi sono di tufo; al Castello Rosso di Brindisi, sorto nel XV sec. per difesa dai Turchi e costruito in conci di "carparo" di colore rossiccio; al Castello di Lecce, impreziosito dalla fine lavorazione della "pietra leccese".

In particolare, sulla facciata principale del Castello Normanno-Svevo di Gioia del Colle dell’XII sec. è ben visibile alla base l’utilizzo del Calcare di Altamura, bianco e compatto, sovrastato dalla muratura in grandi conci di Calcarenite di Gravina, di colore giallo e struttura granulare.

Simbolo dei castelli pugliesi, Castel del Monte, del XIII sec., accuratamente costruito con grossi blocchi di calcare compatto, di colore bianco-avorio ingiallito dal tempo, con portale e finestre rifiniti con una breccia corallina rinvenibile nelle zone circostanti. 

Storia di una commercializzazione difficile

Leonardo Cera (1791-1848), medico e geologo nativo di S. Marco in Lamis, grande appassionato di pietre ornamentali, percorse tutto il Gargano e raccolse campioni di “marmi” ed alabastri in una ricca collezione che successivamente fu inviata alla Esposizione Universale di Parigi del 1900.
A sostegno dei suoi studi intervenne  anche il Prof. Leopoldo Pilla (1805-1848), geologo e Conservatore del Museo di Scienze Naturali di Napoli, che per primo descrisse minuziosamente le cave ed i “marmi” dell’intero territorio garganico, fra cui “il più bel marmo brecciato” mai visto, reperibile nella cava del Re, ed ampiamente utilizzato per i rivestimenti della Reggia di  Caserta.
I primi tentativi di avviare attività estrattive di tipo commerciale sono documentate nell’area garganica. A Firenze, il 14 dicembre 1867, si posero le basi giuridico-amministrative per la costituzione di una “Società per l’acquisto, estrazione, lavorazione e vendita di marmi e alabastri esistenti nei monti della Capitanata e [che] sarà denominata Società Anonima Gargano” (in Marmi e alabastri del Gargano, di Giuseppe Soccio 2003). La società, però, non ebbe fortuna ed il tentativo di valorizzazione economica del Gargano si spense prima ancora di cominciare.

Tuttavia non mancano esempi celebri di impiego della pietra del Gargano: dall’estrazione alla messa in opera del calcare di Apricena, la pietra ancora una volta protagonista nella realizzazione di un’opera che rimarrà nella storia: la Chiesa di San Pio da Pietralcina, progettata da Renzo Piano ed inaugurata il 1° luglio 2004. 

 

 


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