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Università di Perugia

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI PERUGIA

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Cenni storici

Le origini

Lo Studium Trecentesco

Lo Studio fra il XV ed il XVIII Secolo

L'Università nel XIX secolo

L'Università nel XX secolo

L'Università degli Studi di Perugia oggi

 

Le origini

Il Comune di Perugia, con una disposizione nello Statuto del 1285, si impegnò a promuovere la creazione di uno "Studium ut civica Perusii sapientia valeate lucere et in ea Studium habeatur" ("affinché la città di Perugia brilli per sapienza e in essa ci sia uno Studium"). Si tratta di uno Studio del tipo che viene definito "particolare", perché i riconoscimenti rilasciati avevano validità solo per il Comune di Perugia. Perché quello di Perugia sia uno "Studio generale" mancava solo il riconoscimento pontificio, che giungerà con la bolla dell'8 settembre 1308 emessa dal papa Clemente V. Nel 1318 Giovanni XXII, elargirà allo Studio perugino la facoltà di concedere i gradi dottorali in Diritto civile e canonico e nel 1321 quelli nella Medicina e nelle Arti. Il riconoscimento imperiale, giunse nel 1355, quando Carlo IV il 19 maggio conferì alla città il diploma che accordava in perpetuo lo Studio Generale. La storia dell’Ateneo può essere ripercorsa attraverso diversi punti di vista: cronologico; giuridico; geopolitico; ma ai nostri fini sembra più interessante quello che traccia l’avvicendarsi degli insegnamenti scientifici e l’evoluzione dei musei universitari, viva testimonianza della circolazione della cultura e delle idee.

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Lo Studium Trecentesco

Due sono le Facoltà attive nello Studium perugino durante il Trecento: una di Diritto e un'altra delle Arti in genere. Una tendenza però a distinguersi dalle altre Arti manifestarono subito la Medicina, la Filosofia e la Logica. A coloro che frequentavano lo Studium, gli "scolari", il Comune riconosceva il privilegio di potersi associare in "università" cioè delle corporazioni, a capo della quali stava un rettore. Durante tutto il secolo, professori di chiara fama furono chiamati ad insegnare a Perugia; tra i giuristi si ricordano: il bolognese Iacopo da Belviso; Cino dei Sinibuldi da Pistoia; Bartolo da Sassoferrato e Baldo degli Ubaldi, il quale dal 1348 e per trent'anni fu lettore nei corsi universitari dello Studio. Tra i medici il più illustre fu Gentile da Foligno, che fu stroncato dalla peste nel 1348 e che rimane uno dei maggiori scienziati del Trecento.

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Lo Studio fra il XV ed il XVIII Secolo

I papi, nel prendere iniziative per lo sviluppo e la direzione dell'Università perugina, lo fecero in quanto "sovrani pontefici": nel 1467 il pontefice Paolo II ordinò ai suoi governatori d'intervenire nella gestione dell'istituzione e questa intrusione ebbe profondi riflessi sullo Studio che, privato della sua autonomia, precipitò in una crisi che durò per tutto il XVI secolo. Durante questo periodo vennero comunque istituiti dei nuovi insegnamenti: tra il 1525 e il 1537 iniziarono le lezioni di teoria e pratica dei semplici, tra le prime in Italia e al 1580 risale la costituzione di una cattedra di anatomia e chirurgia tenuta da Pietro Paolo Galera, proveniente dall’Ateneo padovano. Tra gli studenti dell’Ateneo si segnalano Castore Durante, uno dei più famosi botanici del tempo e Joannes van Heeck, uno dei fondatori dei Lincei che si laureò in medicina nel 1601. Nel 1625 papa Urbano VIII, con un breve intitolato Pro directione et gubernio Studii Perusini, provvide ad una radicale riforma dello Studio, ma contemplò anche l’obbligo per i docenti di avere la cittadinanza perugina: la riforma salvava l’Ateneo ma gli faceva assumere, nel secolo della rivoluzione scientifica, una connotazione fin troppo locale. Tra i docenti più aperti del tempo si ricorda Ludovico Pacini Viti, che indirizzò i suoi studenti verso l’empirismo ippocratico e la semplificazione delle terapie. Alla sua scuola si formarono i migliori scienziati perugini del tempo: Filippo Belforti; Virgilio Cocchi; Prospero Mariotti e Alessandro Pascoli. Filippo Belforti nel 1720 fondò il primo orto botanico dell’Ateneo e nel 1759 venne iniziata da Luca Pellicciari la raccolta di strumenti per le esercitazioni di fisica: si tratta delle prime raccolte museali dell’Ateneo. Negli stessi anni cominciarono nello Studio gli insegnamenti medici e botanici del più preparato intellettuale perugino del Settecento: Annibale Mariotti che durante il periodo giacobino assunse anche la carica di “Direttore degli Studi” che gli avrebbe dovuto consentire di attuare la riforma giacobina dell’Università. Nell’agosto del 1799 la città capitolò di fronte alle truppe austriache filo-pontificie e con la prima Restaurazione i propositi di modernizzazione dell’Ateneo furono momentaneamente accantonati.

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L'Università nel XIX secolo

Nel 1809 venne presentato al governo napoleonico un Piano provvisorio per le cattedre degli artisti che prevedeva l’istituzione di diverse nuove cattedre di Storia naturale, Chimica, Veterinaria e Agraria. Il momento sembra favorevole anche perché il periodo napoleonico va visto in Italia come uno dei momenti più vitali per il progresso delle scienze. Allo Studio venne assegnata nel 1810 una nuova sede: il convento di Montemorcino, e tra le priorità dell’Ateneo venne messa in primo piano quella riguardante l’arricchimento e la formazione ex-novo di gabinetti e raccolte museali per l’insegnamento.

Il ritorno del governo pontificio, con la seconda Restaurazione, bloccò l’applicazione delle riforme napoleoniche, ma i docenti e gli studenti avevano ormai potuto apprezzare gli avanzamenti della scienza francese ed europea. All’inizio del 1850, con la fine dell’avventura della Repubblica romana, il personale tecnico dei musei che aveva aderito alla Repubblica venne allontanato dal governo pontificio, compreso il naturalista ed esploratore Orazio Antinori, iniziatore delle raccolte zoologiche dell’Ateneo. Era ormai chiaro, anche a livello politico, quanto la modernizzazione delle discipline fosse strettamente collegata con la questione dell’Unità nazionale.

Nel 1860 le truppe sabaude entrarono in città e ci si mise subito all’opera per svecchiare gli insegnamenti attraverso l’assunzione di giovani docenti positivisti ben disposti verso la scienza sperimentale e verso la grande novità di quegli anni: l’evoluzionismo di Darwin. Tra i docenti più importanti del periodo post-unitario si ricordano: il fisico e geologo Enrico dal Pozzo di Mombello; il fisiologo Luigi Severini; l’agronomo Raffaele Antinori, il naturalista Andrea Batelli e il veterinario Eugenio Aruch, che si impegnarono a migliorare i musei esistenti e a realizzarne di nuovi.

Alla fine dell’Ottocento la sede dell’Ateneo era in buona parte occupata da una fornita biblioteca e da musei delle seguenti discipline scientifiche: Fisica, Mineralogia; Scienze della terra, Anatomia umana, Botanica, Zoologia e Anatomia comparata. A questi si affiancavano poi i musei di Storia medievale, la raccolta numismatica, la collezione Etnologica di Orazio Antinori, la Pinacoteca Guardabassi e il museo etrusco formato dai docenti di archeologia dell’Ateneo, Giambattista Vermiglioli e Giancarlo Conestabile della Staffa. Nel 1896 venne poi inaugurato da Eugenio Faina l’Istituto superiore agrario di San Pietro, che andava a colmare la mancanza in città degli insegnamenti agrari universitari e che si dotava di ulteriori musei e biblioteche.

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L'Università nel XX secolo

Nel corso del secolo l’Ateneo ha ampliato costantemente gli insegnamenti e le facoltà: nel 1900 i professori ordinari e straordinari erano 19, nel 1950 erano 49 ed alla fine del secolo più di 1100. La prima metà del secolo ha visto numerosi cambiamenti nell’assetto delle facoltà scientifiche: nel 1924 la Scuola di Veterinaria diventò Facoltà sotto la guida di Giovanni Battista Caradonna e negli stessi anni venne organizzato da Raffaello Silvestrini il nuovo ospedale di Monteluce nel quale furono sistemate le cliniche e i nuovi istituti della facoltà medica. Nel 1936 un regio decreto istituì la Facoltà di Farmacia e nel 1937 l’Istituto superiore agrario di san Pietro entro a far parte dell’Ateneo come Facoltà di Agraria. Gli anni del ventennio videro tuttavia un minore interesse per i musei scientifici e anche nel secondo dopoguerra le vecchie collezioni formate sotto la fausta influenza del positivismo vennero messe in disparte per far luogo alle nuove cattedre. Quando, alla metà degli anni ’90, venne costituito il Centro di Ateneo per i Musei scientifici era difficile anche solo intuire quanto fosse rimasto del patrimonio museale, ma grazie a molte iniziative, compresa la mostra del VII centenario dell’Ateneo del 2008, è stato possibile rendersi conto dello straordinario valore storico di quanto era rimasto. Il patrimonio museale oggi è valorizzato in due poli: quello di San Pietro, che comprende l’Orto botanico e l’Orto medievale, e quello di Casalina, che comprende la Galleria di Storia naturale; il Laboratorio di Storia dell’agricoltura; la Galleria di Matematica e il Museo di anatomia in corso di sistemazione. Nel centro della città è inoltre conservata la Gipsoteca dell’Ateneo.

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L'Università degli Studi di Perugia oggi

Forte della sua tradizione secolare l’Ateneo rappresenta il luogo ideale per i giovani che affrontano gli studi universitari nelle numerose strutture di supporto alla didattica, che viene svolta a Perugia, e anche ad Assisi, Foligno, Narni e presso il Polo di Terni. I Dipartimenti attivi oggi sono sedici: Chimica, Biologia e Biotecnologie, Economia,  Filosofia, Scienze sociali, umane e della Formazione, Fisica e Geologia, Giurisprudenza, Ingegneria, Ingegneria civile ed ambientale, Lettere - Lingue, Letterature e Civiltà antiche e moderne, Matematica e Informatica, Medicina, Medicina sperimentale, Medicina veterinaria, Scienze agrarie, alimentari ed ambientali, Scienze chirurgiche e biomediche, Scienze farmaceutiche e, infine, Scienze politiche.

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