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Dentro la materia: la chimica tra Ottocento e Novecento (Firenze)

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI FIRENZE

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Introduzione

Il Sistema Museale dell'Università degli Studi di Firenze (http://www.msn.unifi.it/) – nato nel 1775, per volontà di Pietro Leopoldo, come Imperial Regio Museo di Fisica e Storia Naturale – è composto da otto Sezioni (musei) che conservano oltre 8 milioni di esemplari.  La sezione di Chimica è la più giovane, essendo entrata a far parte del Sistema Museale solo nel 2014. I reperti, che non erano mai stati analizzati in precedenza, sono riconducibili a cinque collezioni: Collezione Schiff, Collezione degli Strumenti Storici, Collezione degli Arredi Storici, Collezione Bigiavi e Collezione Piccardi. Si aggiungono a queste l’intero Carteggio scientifico e privato di Ugo Schiff, l’archivio Speroni, altri numerosi documenti di archivio e i beni della Fondazione Ferroni, ospitati nella sezione di Chimica grazie a una convenzione tra Sistema Museale e Fondazione Ferroni.

In Italia i musei dedicati alla chimica non sono affatto numerosi e questa disciplina è in assoluto la meno rappresentata nei musei. Si tratta di un fenomeno non soltanto italiano e che trova spiegazione in parte nel fatto che la chimica essendo la “scienza delle trasformazioni” è per sua stessa natura di difficile rappresentazione in ambito museale. Inoltre i reagenti e i prodotti di sintesi, che si configurano come gli elementi forse più peculiari di un museo dedicato alla storia della chimica, raramente si sono conservati attraverso i decenni o addirittura i secoli.

Per questa ragione, i beni presenti a Firenze hanno un grande valore storico e, grazie alla nascita del Museo, completano il panorama dell’eredità materiale dei “padri fondatori” della Chimica italiana.

 

Gli anni della nascita della Chimica "moderna"

La Chimica “moderna”, come noi la conosciamo, nasceva nella seconda metà dell'Ottocento e Firenze ospitava in quegli anni (dal 1864 al 1915) uno dei suoi padri fondatori, Ugo Schiff (1834-1915). Si trattava di anni cruciali, densi di scoperte e di grande fermento culturale e scientifico. Il 1860 era stato l’anno del Congresso di Karlshrue, il primo congresso internazionale dei chimici, dove finalmente si era trovato un accordo sulla nomenclatura e dove Cannizzaro aveva esposto le sue tesi sul peso atomico. Nel 1865 Kekulè aveva individuato la struttura del benzene e nel 1869 era stata pubblicata la prima tavola periodica degli elementi di Mendeleev. Nel 1874 Van’t Hoff aveva definito la struttura del carbonio tetraedrico. In questo contesto, nel 1866 Schiff, a Firenze, aveva scoperto le basi che portano il suo nome.

Le basi di Schiff e il reattivo di Schiff sono conosciuti in tutto il mondo e ancora oggi ampiamente utilizzati in sintesi chimica e in ambito medico e biologico. Le carte, gli strumenti e i prodotti con cui queste scoperte furono realizzate, e anche i banchi e i tavoli originali del suo laboratorio, si conservano nel Museo di Chimica di Firenze.

La Collezione degli Strumenti Storici comprende strumenti di misura (bilance, termometri, barometri, densimetri, microscopi), strumenti ottici (spettroscopi, polarimetri, rifrattometri), strumenti elettrici (galvanometri, amperometri, conducimetri, reostati, pile-campione), apparecchi di esclusivo uso del laboratorio chimico (bombe calorimetriche, distillatori, capsule di cristallizzazione, apparecchio di Kipp, eudiometri, colonna cromatografica, Sockslett), apparecchi di Chimica Fisica (generatori Raggi X, contatori Geiger) e altri ancora.

La maggior parte degli oggetti è databile dalla metà del XIX secolo alla metà del XX secolo, anche se sono presenti reperti più recenti. Una parte degli strumenti risale quindi all’epoca di Ugo Schiff, altri appartennero alla sua scuola (Angeli, Pellizzari, Piutti...).  Alcuni degli strumenti conservati sono invece pervenuti in Italia grazie al piano Marshall. Ci sono inoltre vari pezzi realizzati o perfezionati dai chimici stessi che li utilizzarono per le loro ricerche, come l’apparecchio per “facilitare la lettura del punto di fusione”.

 

Strumenti particolarmente significativi

Tra gli strumenti presenti sono stati selezionatiti tre apparecchi appartenuti allo Schiff (distillatore, spettroscopio e bilancia) e due oggetti invece più recenti: i grandi apparecchi in ceramica di Piccardi e un particolare conducimetro.

          

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1. Il distillatore in rame di Ugo Schiff si trovava nei suoi laboratori di Via Gino Capponi dove è rimasto fino al trasferimento a Sesto Fiorentino. Utilizzato per le estrazioni in corrente di vapore è uno strumento importante perché consentì a uno dei fondatori della chimica moderna la scoperta di sostanze chimiche naturali al tempo ignote, come la coniina, che è forse il primo alcaloide naturale ottenuto in laboratorio. Il distillatore inoltre supportò Schiff nelle sue ricerche sulle sostanze naturali permettendo l’estrazione di varie essenze e il loro isolamento dalla pianta (arbutina, amigdalina, florizina, asparagina, populina …). Queste sostanze consentirono innovative ricerche in campo chimico e farmacologico. In particolare inoltre l’asparagina condusse l’allievo Piutti a ricerche ai confini della nascente stereochimica.

Le essenze ottenute e le relative pubblicazioni scientifiche, a cavallo tra Ottocento e Novecento, si conservano in Museo, a poca distanza dallo strumento che consentì di ottenerle.

2. Lo spettroscopio (o spettrografo) testimonia l’inizio dell’analisi spettroscopica per il riconoscimento dei composti dalle righe spettrali nel campo della luce visibile. E’ uno strumento interessante per la sua relativa antichità inoltre lo stesso Schiff lo descrisse nelle sue dispense raccolte dall’allievo Andrea Torricelli.  Si tratta di un oggetto di grande valore euristico perché, nella sua elegante semplicità, permette di comprendere in modo immediato il funzionamento di complesse strumentazioni che anche attualmente troviamo nei nostri laboratori chimici.

3. La bilancia è un bell’esemplare di grandi dimensioni e ottimamente conservato, risalente alla fine dell’Ottocento, appartenuto al corredo di laboratorio di Schiff. Particolare e non comune il pallone in vetro per la misura del peso dei gas.

4. Le grandi apparecchiature in ceramica appartenute a Luigi Rolla e utilizzate insieme all’allora giovane assistente Giorgio Piccardi ci raccontano del fervore scientifico che a metà del secolo scorso accompagnò la ricerca di uno degli elementi chimici mancanti nel sistema periodico (l’elemento 61). Queste grandi apparecchiature dovevano infatti consentire la cristallizzazione frazionata di ingenti quantità di materie prime da cui gli scienziati speravano di isolare questo elemento che non era ancora stato trovato in natura.

5. Il conducimetro fa parte di un vasto insieme di strumenti elettrici, alcuni dei quali giunti a Firenze con il paino Marshall per la ricostruzione del dopoguerra. Altri strumenti giunsero invece grazie agli aiuti successivi all’alluvione di Firenze del 1966. La storicità del conducimetro è quindi legata da un lato al motivo per il quale questo strumento si trovava nei nostri laboratori, dall’altro si tratta di un oggetto particolare e non comune nei musei di Chimica. Inoltre, le celle contenenti elettrodi di metalli preziosi, il piano e il coperchio originale in legno conferiscono allo strumento un impatto visivo di grande eleganza.


APPROFONDIMENTO - Oggetti della Collezione degli Strumenti Storici della Sezione di Chimica del Museo di Storia Naturale di Firenze


1. Distillatore, costruttore ignoto, Firenze, fine XIX

Distillatore in rame fatto realizzare da Ugo Schiff (Francoforte sul Meno 1834 – Firenze 1915), scopritore delle basi e del reattivo di Schiff. Lo strumento faceva parte del corredo del suo laboratorio.

Ciò che noi conserviamo è la caldaia in rame dell’apparato di distillazione. L’estrazione delle sostanze naturali veniva effettuata in corrente di vapore. L’acqua veniva riscaldata nella caldaia grazie alla presenza di una fonte di calore (un fornello a gas al tempo di Schiff), il vapore gorgogliava in un secondo pallone in vetro (mancante) in cui era presente il vegetale dal quale si voleva estrarre una o più sostanze volatili in esso contenute. Dal pallone partiva un tubo in vetro che conduceva a un condensatore in cui l’essenza, volatile, ricondensava, insieme a una piccola quantità di acqua. L’essenza conteneva prodotti aromatici spesso profumati.  Dai prodotti di distillazione ottenuti si poteva conoscere quindi la composizione in sostanze volatili, facilmente estraibili, del prodotto di partenza.

Il distillatore è legato ai lavori di Schiff sulle sostanze naturali e all’estrazione di numerose essenze, tra le quali: arbutina, amigdalina, florizina, isoflorezina, floretina, laurostearina, esculina, populina (Schiff,  Ugo,  Nuove ricerche sull'arbutina,  Gazzetta Chimica Italiana, 1883, XIII, 508 ; Schiff,  Ugo,  Ricerche  sulla  costituzione  dell'amigdalina  e  della florizina, Nuovo Cimento, 1869; Schiff, Ugo,  Intorno alla isoflorizina ed i suoi derivati, Annali di Chimica, 1885, IV; Schiff, Ugo, Intorno ad alcuni derivati della floretina, Gazzetta Chimica, 1874, IV, 181; Schiff, Ugo, Sintesi della populina, Nuovo cimento, 1869, II, I (marzo); Schiff, Ugo, Sulla costituzione dell'esculina, Nuovo Cimento, 1872, II, V- VI (maggio) ;  Schiff,  Ugo,  Sulla composizione della laurostearina,  Gazzetta Chimica Italiana, 1874, IV, 553 ).

Ma soprattutto fu importante l’estrazione della coniina (Schiff, Ugo, Prima sintesi di un alcaloide naturale.  Sintesi della coniina, Gazzetta Chimica Italiana, 1871, I; Schiff, Ugo, Intorno alla sintesi della coniina, Gazzetta Chimica Italiana, 1873, III; Annali di Chimica e Farmacia, 166, 88). La coniina, estratta dalla cicuta, fu il primo alcaloide ottenuto in laboratorio: si ritiene sintetizzata per la prima volta nel 1886 dal chimico tedesco Albert Ladenburg, ma Schiff la cita già nel 1872. Inoltre, tra i prodotti naturali di Schiff è conservato un estratto di cinconina, un alcaloide presente nella china, risalente addirittura al 1860 e quindi molto precedente agli esperimenti di Ladenburg.

 


2. Spettroscopio a prisma con camera fotografica e vaschetta porta campioni per liquidi, Adam Hilger, Londra, inizio XX

Spettroscopio portatile del Laboratorio di Schiff. Lo strumento permette l’osservazione diretta dello spettro oppure la sua registrazione su lastra fotografica in vetro applicando a un braccio dello spettroscopio la camera fotografica.

L’analisi consente l’identificazione di quelle sostanze che danno un’emissione nella parte visibile dello spettro.  Era possibile fare sia misure in emissione che in assorbimento. Lo spettroscopio è costituito da un sistema ottico, composto da un prisma, e due bracci dotati di lenti, all’estremità del primo braccio è collocata una fenditura, all’estremità del secondo braccio si trova l’oculare (oppure la lastra fotografica). La fenditura è costituita da due laminette metalliche che fanno in modo che la luce passi soltanto da un’apertura molto ristretta. Al tempo di Schiff le sostanze erano osservate vaporizzate all’interno della fiamma. La luce incanalata nella fenditura veniva suddivisa dal prisma nelle varie lunghezze d’onda dello spettro visibile. In base alla posizione delle righe rispetto alla lunghezza d’onda, era possibile il riconoscimento delle sostanze in esame.

In caso di sostanze allo stato liquido, la vaschetta porta-campioni per liquidi veniva posta davanti alla sorgente luminosa, in tal modo nello spettro non si osservavano righe di emissione ma righe di assorbimento: il prodotto infatti assorbiva solo determinate lunghezze d’onda della luce e all’oculare risultava un fondo luminoso solcato da righe o bande nere che corrispondevano alle righe di assorbimento della sostanza in esame. Il prodotto generalmente era diluito in acqua oppure o in altro solvente trasparente alla luce visibile (per non interferire con lo spettro della sostanza esaminata). La camera fotografica permetteva di registrare lo spettro grazie a lastre di vetro rivestite di gelatina sensibile alla luce, generalmente bromuro di argento ottenuto all’epoca da ossa di animali. Ovviamente lo spettro registrato era in bianco e nero, ma certe righe in determinate posizioni permettevano di identificare agilmente i componenti presenti.

Lo studio spettroscopico al tempo di Ugo Schiff è sorprendente in primo luogo per la modernità dell’apparato teorico retrostante: in un tempo in cui non era ancora del tutto chiara la struttura atomica si riusciva tuttavia ad applicare le informazioni note per sofisticate indagini di laboratorio.

Inoltre la spettroscopia consentì per prima l’indagine chimica di oggetti collocati anche a grande distanza, come i corpi celesti. Grazie a metodi spettroscopici, ad esempio, il Prof. Giorgio Piccardi, pochi decenni dopo Schiff, riuscì per primo ad individuare la presenza di determinati elementi chimici sul Sole (ad es. il calcio e il ferro), su altre stelle e ad identificarne altri nella cromosfera solare (G. Piccardi, Sulla presenza dell'idrogeno molecolare nelle macchie del sole. Estratto dalle Memorie della Società Astronomica Italiana, voi. IV, e dalle Osservazioni e Memorie del R. Osservatorio Astrofisica di Arcetri, fase. N. 46. - Milano, Libreria Editrice Politecnica, 192; G. Piccardi, Ossidi e idruri nell'atmosfera solare. Estratto dalle Memorie della Società Astronomica Italiana, voi. V. - Pavia, Tipografia Legatoria Mario Ponzio, 1930; G. Piccardi, Sullo spettro delle stelle rosse appartenenti ai tipi "M" ed "N”. Rendiconti della R. Accademia Nazionale dei Lincei - Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Estratto dal voi. XVII, serie 6a, 1° sem., fase. 11°. - Roma, giugno 1933; G. Piccardi, Sulle atmosfere dei pianeti. . Rendiconti della R. Accademia Nazionale dei Lincei. -Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Estratto dal voi. XXI, serie 6a, 1° sem., fase. 8°. - Roma, aprile 1935).


3. Bilancia di precisione, con pallone per gas, Ruprecht, Vienna, post 1850

Grande bilancia di precisione Ruprecht con pallone in vetro per la misura del peso dei gas. La bilancia si presenta con la colonna in ottone verniciato in nero, il giogo è traforato ed è in ottone verniciato, i piatti hanno il piattino estraibile e sono in ottone con un doppio sostegno anch’esso in ottone, l’ago è in ottone e la lettura si effettua alla base su una scala graduata, in osso. E’ presente il filo a piombo per il controllo della verticalità. La bilancia è posta all’interno di una teca in legno e vetro, è appoggiata con quattro piedini regolabili su una base di legno. All’esterno della teca trova allocazione il cassetto per i pesini.

La bilancia consentiva pesate di precisione per l'attività del laboratorio. Permetteva inoltre di determinare il peso dei gas grazie all'impiego dell'apposito pallone in vetro, da equilibrare con pesi sull'altro piattino.

Si tratta di una bilancia antica: il giogo infatti è in ottone e non in lega di alluminio (più leggero), è però già traforato. La scala invece è ancora in osso, tuttavia è già presente il filo a piombo anche se non ci sono manopole esterne di regolazione.

L’apparecchio faceva parte del corredo strumentario dell'aula storica "Ugo Schiff", in Via Gino Capponi 9 a Firenze, era collocata nel vano dietro la lavagna scorrevole e serviva per le dimostrazioni didattiche. L’aula completata nel 1887, su progetto di Schiff, fu la prima in Italia dedicata alla Chimica (per approfondimenti: GUARNA A., COLLI  L., COSTA M. La prima aula italiana dedicata alla Chimica. Storia della costruzione tra il 1879 e 1884 dell’Aula “Ugo Schiff” di Via Gino Capponi 9 a Firenze, La Chimica e l’Industria – Organo Ufficiale della Società Chimica Italiana Anno 93 n.3; 104-108; Aprile 2011, http://www.soc.chim.it/chimind/catalogo ; COLLI L., DEI L., GUARNA A., COSTA M. Ugo Schiff e l’Istituto di Chimica Generale in La Palazzina dei Servi a Firenze. Da residenza vescovile a sede universitari, a cura di Cristina De Benedictis, Roberta Roani, Giuseppina Carla Romby, Edifir Edizioni Firenze, ISBN 9788879706797, 2014).


4. Imbuto büchner (10 l) e capsula di cristallizzazione (diametro 65 cm), costruttore ignoto, 1920 ca.

Due esemplari delle grandi apparecchiature in porcellana fatte realizzare da Luigi Rolla, con Giorgio Piccardi, per la separazione degli elementi delle Terre Rare.

Essendo le Terre Rare sostanze molto simili fra di loro era estremamente difficile separarle. Per questo venivano effettuate cristallizzazioni frazionate su grandi quantità di materia prima (con grandi capsule) con il metodo dei bromati. Il bromato veniva introdotto per far precipitare alcuni elementi delle Terre Rare. Il precipitato veniva poi riportato in soluzione e fatto riprecipitare e via via analizzato per via spettroscopica, con la speranza di non ottenere, infine, elementi già noti.

Il filtro ha la parte superiore di forma cilindrica e possiede una superficie piatta contenente diversi forellini. La parte inferiore ha invece forma a imbuto allungato. Viene utilizzato inserendo tale parte su una beuta da vuoto con una opportuna guarnizione che assicuri la tenuta. Una pompa da vuoto viene collegata tramite un tubo di gomma all'apposito attacco laterale sito sulla beuta. Con il filtro Büchner è possibile effettuare una filtrazione molto rapida sfruttando l'effetto di suzione, molto più energico rispetto alla classica filtrazione per gravità: il liquido passa attraverso il filtro e gocciola raccogliendosi all'interno della beuta, mentre sul filtro si deposita la fase solida contenuta. Inoltre è possibile filtrare liquidi altrimenti difficilmente separabili. Tale sistema di filtrazione viene normalmente utilizzato per isolare composti puri dopo ricristallizazione o nell'ambito delle determinazioni quantitative della chimica analitica.

La scoperta del sistema periodico di classificazione degli elementi rappresenta il culmine di una lunga serie di sviluppi scientifici. Gli storici assegnano come data di nascita del sistema periodico moderno il 17 febbraio 1869, quando Dmitri Ivanovich Mendeleev (1834-1907) completò la prima di una numerosa serie di tavole periodiche. Essa comprendeva i 63 elementi noti disposti per peso atomico crescente; Mendeleev lasciò anche spazi vuoti dove avrebbero dovuto essere disposti elementi non ancora scoperti, dei quali era però in grado di prevedere il peso atomico. Prima di lui, anche altri scienziati avevano cercato un metodo di organizzazione per descrivere gli elementi, tuttavia la potenza del suo sistema periodico consisteva nella rappresentazione bidimensionale di tutti gli elementi conosciuti in un sistema logico di righe e colonne esattamente ordinate. La continua variazione dei simboli, l’aggiunta dei nuovi e la scomparsa delle scoperte errate, la maggior precisione nella determinazione dei pesi atomici di tutti gli elementi, rendevano la tavola periodica un oggetto in continua trasformazione. Il sistema periodico degli elementi è uno degli oggetti più emblematici di tutta la scienza: un singolo documento che racchiude in sé buona parte delle conoscenze di chimica.

Negli anni genovesi, tra il 1933 e il 1945, Giorgio Piccardi partecipò con Luigi Rolla alla ricerca di uno degli elementi al tempo mancante: “l’elemento 61”, attraverso il frazionamento delle Terre Rare. La ricerca condusse alla scoperta del “Florenzio”, scoperta che tuttavia si rivelò presto errata (così come quella “dell’Illinio” “isolato” degli americani): solo nel 1945 si arriverà negli USA all’individuazione del vero “elemento 61”: il Promezio. Le Terre Rare erano estremamente difficili da analizzare con le metodologie del tempo e Piccardi e Rolla si videro impegnati in un lavoro titanico, eseguendo circa 56.000 cristallizzazioni e analisi dei prodotti, principalmente per via spettroscopica.


5. Conducimetro, Ponte di Jones, Leeds & Northrup, 1940 ca

Il conducimetro misura la conduttività elettrica di un materiale o di una soluzione. Il circuito di misura più elementare consiste in una coppia di elettrodi posti a distanza nota sul materiale, sottoposti ad una tensione nota: la corrente misurata esprime il valore attraverso la formula γ = G*l/A, dove G è l conduttanza, l è la lunghezza in metri del campione e A è l’area descritta dagli elettrodi, in metri quadri.

Il Ponte di Jones è un conducimetro che misura la conduttività dei liquidi, con varie celle in vetro corredate di elettrodi in metalli pregiati. Vengono utilizzati metalli preziosi perché non devono essere attaccabili. La soluzione che si vuole misurare viene inserita nella celletta. Ci sono varie celle per i vari intervalli di conducibilità. Si effettuano confronti con acqua pura o con particolari solventi che non conducono la corrente. Si può osservare la sostanza in funzione ad esempio della concertazione.

Questo strumento giunse nei laboratori fiorentini grazie al Piano Marshall, riporta infatti un’etichetta con la dicitura “Dagli Stati Uniti d’America per rafforzare il mondo libero”. Fu utilizzato soprattutto nel Laboratorio di Elettrochimica dell’Università di Firenze dal Prof. Silvano Bordi e dal Prof. Giorgio Papeschi (Bordi, Silvano, Papeschi Giorgio, L'acqua ed alcuni fenomeni elettrici interfasali.  Firenze: Stamp. Editoriale Parenti, 1966. Bordi, Silvano; Vannel, Fiorenza. Interfacce: soluzione/aria, soluzione/metallo, soluzione/vetro e conducibilità elettrica di alcune soluzioni elettrolitiche Firenze: Stamp. editoriale Parenti, 1966).

 


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