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History of scientific instruments from past to present (Chieti) - Collections

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Strumenti particolarmente significativi del Museo universitario di Chieti

Il banco ottico di Macedonio Melloni (N. inv. 4040)

Il banco ottico (riproduzione del banco ottico di Melloni) è costituito da una lunga barra di ottone dello spessore di circa 1 cm sostenuta da due piedi pure in ottone vincolati ad una base rettangolare di legno montata su 4 viti calanti di ottone poste ai vertici della base. Sul banco possono essere collocati dei cavalierini con vite di fissaggio per sostenere supporti per componenti ottiche quali lenti, specchi, prismi, sorgenti luminose, fenditure e diaframmi. Una scala centimetrata incisa sulla barra permette di determinare la posizione dei cavalierini. Ad una estremità della barra su di un cavalierino è montato un goniometro di ottone suddiviso in gradi, con lo 0 posizionato in asse con la barra. Nel centro del goniometro è saldata una colonnina regolabile in altezza che sostiene un secondo goniometro per posizionare un prisma. Una seconda barra di ottone, può ruotare attorno alla precedente colonna e può essere utilizzata per posizionare altri accessori. Il banco ottico veniva utilizzato per eseguire molte esperienze di ottica sia geometrica che fisica ed in particolare per dimostrare la natura ondulatoria dell’energia radiante.

I seguenti accessori fanno parte del corredo del banco ottico:

  • Due sorgenti di calore radiante basate sul potere emissivo di superfici a diverse temperature.

I°- Il cubo di Leslie (N. inv. 4331)

Questa sorgente è costituita da un cubo cavo in ottone le cui facce laterali sono state trattate diversamente: una è verniciata di nero, un’altra di bianco, una terza è speculare e l’ultima è scabra. Il cubo è sostenuto da un cilindro verniciato di nero e dotato di cursore annerito all’interno del quale è collocata una lampada ad alcool utilizzata per portare all’ebollizione l’acqua contenuta nel cubo.

II°- Una spirale di platino (N. inv. 4512)

Si tratta di una spirale, appesa ad un gancio saldato ad un’asta fissata ad un piattello munita di aste di sostegno, che viene riscaldata e portata all’incandescenza da un fornellino ad alcool.

  • Il termomoltiplicatore (termopila) (N. inv. 4411)

Questo strumento, ideato da Nobili e perfezionato da Melloni, è basato sull’effetto termoelettrico e viene utilizzato per misurare, con elevata sensibilità, l’intensità della radiazione infrarossa. La forza elettromotrice termoelettrica, generata da un elevato numero di giunzioni di coppie antimonio e bismuto disposte in serie ed esposte alla radiazione termica, produce una debole corrente nel circuito in cui essa è inserita. Questa debole corrente viene misurata da un galvanometro astatico di Nobili.

  • Tre piattelli circolari di ottone (N. inv. 4049)

Questi accessori, di colonna, vengono utilizzati per sostenere prismi, lamine, vetri e specchi piani.

  • Un disco di vetro (N. inv. 4511)

Questo disco, incastonato al centro di una piastra metallica rettangolare, munita di asta di sostegno, presenta una superficie lucida e l’altra annerita.

  • Sottili dischi di carta (N. inv. 4513)

Si tratta di tre dischi di carta sovrapposti e tenuti uniti da anelli metallici dotati di colonna di sostegno. L‘anello mediano presenta al centro un foro del diametro di 2 cm circa.

  • Una piastra metallica forata (N. inv. 4514)

È una piastra rettangolare, forata al centro, dotata di guide per l’inserimento di telaietti in alluminio con fenditure di diversa forma e dimensione. Il dispositivo è sostenuto da una colonna telescopica.

  • Lastre rettangolari in ottone (N. inv. 4515)

È un sistema di due lastre tenute rigidamente parallele e distanziate di 5 mm. Delle due superfici esterne una è lucidata e l’altra è annerita. Un’asta collegata alla base di una lastra e ad essa perpendicolare permette il posizionamento di una della due facce sul cammino ottico del fascio luminoso.

  • Uno schermo a diaframma variabile (N. inv. 4516)

Questo diaframma è composto da una lastra forata al centro, munita di asta di sostegno e da un disco girevole nel quale sono state praticate fenditure di diametri e forme diverse. Ruotando il disco è possibile selezionare la fenditura utile per l’esperimento.

  • Specchi di Fresnel (N. inv. 4057)

Il problema della natura della luce, con particolare riferimento al meccanismo della visione, è stato argomento di studio sino dall’antica Grecia. A cavallo tra il XVII e XVIII secolo risale la disputa tra Huygens (1629-1695) e Newton (1643-1727) sulla natura della luce. Il primo sosteneva la natura ondulatoria (la luce come il suono si propaga per onde), il secondo la natura corpuscolare (la luce viene emesse dalle sorgenti sotto forma di particelle dotate di altissima velocità). Ai primi del XIX secolo gli esperimenti di Young (1773-1839) e Fresnel (1788-1827) sull’interferenza di onde luminose dimostrano in maniera inequivocabile la natura ondulatoria della luce.

Gli specchi di Fresnel, accessorio del banco ottico del Melloni, è costituito da una colonna rotante che sostiene una piastra metallica verticale. Su di essa sono posizionate due specchi rettangolari di vetro nero monoriflettenti, quasi complanari e sostenuti da due lastre di ottone. Di queste, una è solidale con il sostegno e l’altra, inclinabile mediante una vite micrometrica, permette di variare l’angolo di apertura tra i due specchi. Sulla struttura metallica orizzontale, fissata sul lato superiore della piastra, possono essere collocati prismi di diversa dimensione.

Nell’esperimento con questi specchi, la luce monocromatica, emessa da una sorgente puntiforme, viene fatta incidere sulle superfici speculari, non complanari degli specchi. Le immagini virtuali della sorgente, fornite per riflessione dagli stessi, costituiscono sorgenti di luce coerente (emissione in fase). Su di uno schermo, opportunamente orientato nella zona di spazio in cui i due fasci riflessi si sovrappongono, si osservano figure di interferenza costruttiva e distruttiva a dimostrazione della natura ondulatoria della luce.

L’esperimento con il doppio specchio di Fresnel, eseguito al tempo di M.Melloni utilizzando una sorgente di calore radiante, ha permesso di dimostrare il carattere ondulatorio della radiazione termica e la sua analogia con la radiazione elettromagnetica.

  • Schermo con fenditura verticale (N. inv. 4184)

Questo accessorio è costituito da una colonna di ottone cava sostenuto da un cursore scorrevole sul binario del banco ottico che può essere fissato mediante una vite a pressione e che reca sul piede una incisione utile per determinare la posizione sul banco. Una seconda colonna è inserita telescopicamente nella precedente e sostiene una piastra metallica quadrata con una fessura verticale larga circa 2 mm.

  • Lastre rettangolari in ottone (N. inv. 4050)

È un sistema di due lastre tenute rigidamente parallele e distanziate di 5 mm circa sostenuto da un dispositivo telescopico munito di cursore. Delle due superfici esterne una è lucidata e l’altra è annerita.

 

Macchina di rotazione (N. inv. 11803)

Questa macchina di rotazione è principalmente costituita da due ruote metalliche, dotate di scanalature e con diametri molto diversi fra loro, che possono ruotare sullo stesso piano orizzontale attorno a due assi verticali. Questi ultimi sono inseriti alle estremità di una trave metallica orizzontale sostenuta da tre piedini e distano l‘uno dall‘altro di 7 cm. La trasmissione del moto circolare dalla ruota grande alla ruota piccola avviene per mezzo di una cinghia di cuoio. La ruota, con diametro più grande, è dotata di una manovella con pomello di legno. L‘asse di rotazione della ruota più piccola sostiene un disco orizzontale di ottone su quale è possibile collocare i vari accessori di cui l’apparato è dotato. Questo disco può essere posto in rapida rotazione a causa dell’elevato rapporto diametro grande/ diametro piccolo è può essere utilizzato per esperienze illustrative sulla forza centrifuga.

In particolare, utilizzando gli accessori di seguito descritti, è possibile osservare e valutare: a) la deformazione di anelli circolari elastici, b) l’apertura angolare di due aste incernierate su di un asse in rotazione e recanti alle estremità libere sfere identiche di metallo e c) le condizioni di equilibrio di due sfere metalliche di diversa massa, tra di loro collegate, e scorrevoli lungo una coppia di cavi paralleli e poste in rapida rotazione.

  • Anelli metallici elastici (N. inv. 11805)

Due anelli elastici, in lamina di acciaio, giacenti in piani verticali tra loro perpendicolari, possono ruotare attorno ad un asse verticale, passante per i loro poli, saldato ad un piattello di collegamento con la macchina di rotazione. Il polo inferiore è bloccato sul piattello mentre il polo superiore è libero di muoversi lungo l’asse. Quando quest’ultimo è posto in rapida rotazione, ogni elemento di massa degli anelli ruota su di una circonferenza con raggio dato dalla distanza dell’elemento dall’asse di rotazione ed è sottoposto ad una forza centrifuga variabile che è nulla ai poli è massima all’equatore. Per effetto di queste forze, la forma dell’anello da circolare diventa ellittica con un rigonfiamento all’equatore ed uno schiacciamento ai poli; effetti tanto più marcati quanto maggiore e la velocità angolare degli anelli. Questo accessorio permette di comprendere come la forza centrifuga abbia potuto causare lo schiacciamento della terra ai poli.

  • Regolatore centrifugo o di Watt (N. inv. 11804)

Si tratta di una struttura interamente metallica costituita da un albero verticale, saldato ad un disco di collegamento con la macchina di rotazione. Due aste cilindriche di uguale lunghezza, che terminano con sfere identiche di acciaio, sono incernierate, in maniera complanare, all’estremità libera di un albero, saldato a un piattello di collegamento con la macchina di rotazione. Le estremità di due altre aste sono rispettivamente incernierate ad un manicotto scorrevole lungo l’albero e nel centro delle due aste complanari.

Quando poste in rotazione, le sfere di acciaio, per effetto della forza centrifuga, tendono ad allontanarsi dall’albero di rotazione trascinando verso l’alto il manicotto. La posizione di questo ultimo così come l’angolo compreso tra l’albero e le aste sono indicatori della velocità angolare dell’albero. Il movimento verticale del manicotto, tramite un’asta ad esso collegata, è stato inizialmente utilizzato da Watt per il controllo automatico, di tipo meccanico, della immissione di vapore nelle macchine termiche (da cui la denominazione di regolatore di Watt).

Questo regolatore rappresenta il precursore dei moderni sistemi di controllo automatico.

  • Sfere di avorio scorrevoli (N. inv. 11807)

Questo accessorio è costituito da un’asta quadrangolare in ottone graduata, a zero centrale, avvitata ad un disco utilizzato per il collegamento alla macchina di rotazione. Alle estremità dell’asta due angolari ad L sostengono due tiranti paralleli in ottone. lungo i quali possono scorrere liberamente gli anelli di sostegno di due sfere in avorio con masse diverse e separate, mediante un sistema di ganci, di circa 7 cm. Ponendo in rotazione l’asta di sostegno, le due sfere, inizialmente collocate in prossimità del centro, generalmente tenderanno a spostarsi verso gli estremi dell’asta trascinate dalla sfera più pesante.  L’equilibrio si raggiungerà quando le due masse, ruotando attorno ad un asse passante per un punto intermedio tra le loro posizioni, soddisfa l’eguaglianza dei prodotti della massa per la distanza di ciascuna sfera dall’asse di rotazione.

 
Emisfero armillare (N. inv. 4364)

L’emisfero armillare (n° 4364) della collezione G. B. Vico, realizzato dalla Paravia, è interamente in ferro rivestito con carta e rappresenta il modello meccanico geocentrico del mondo tolemaico. E’ costituito da una base di legno tornito, dotato di un pesante piede circolare, alla quale è assicurata una forcella verticale a quattro braccia sulle quali sono riportati i nomi delle città, le loro latitudine e longitudine e il numero di abitanti. Questa struttura sostiene due cerchi con piani mutuamente perpendicolari, uno orizzontale fisso e l’altro verticale leggermente inclinabile. Il cerchio fisso, suddiviso in gradi, rappresenta l’orizzonte dell’osservatore e porta incisi il calendario, i segni zodiacali e i punti cardinali. Il cerchio verticale (il meridiano) è suddiviso in gradi di elevazione del Polo. Nell’utilizzo dell’emisfero armillare il meridiano veniva inclinato rispettando la latitudine del luogo.

All’interno della precedente struttura è posto un telaio sferico girevole attorno ad un asse verticale, costituito da due anelli uniti e mutamente perpendicolari, rappresentanti i coluri equinoziale e solstiziale. A questi ultimi sono rigidamente fissati cinque cerchi, disposti perpendicolarmente all’asse, rappresentanti la linea equinoziale, i tropici del cancro e del capricorno e il circolo del Polo antartico meridionale e il circolo del Polo artico settentrionale. Sul polo nord del cerchio “meridiano” è collocato un piccolo anello dotato di indice per la lettura dell’ora solare.

Questo sistema sferico può ruotare attorno al proprio asse per simulare la rotazione diurna della Terra (mancante), sostenuta al centro dell’emisfero armillare in posizione fissa (visione geocentrica dell‘universo).

Il Sole, rappresentato da un disco metallico piatto, è sostenuto da un arco a quarto di cerchio che ne permette la rotazione sul piano dell’eclittica.

Gli emisferi armillari costituiscono i precursori dei moderni planetari.

 

Sistema planetario (N. inv. 4178)

Una colonna di legno tornito, munita di una base circolare, sostiene un planetario costituito da due cerchi verticali, in legno e di uguale raggio, che si intersecano a 90 gradi e da un cerchio orizzontale, anche esso in legno, sul quale è fissata una fascia verticale coperta esternamente da un nastro di carta. Sulla parte inferiore di questo nastro sono incisi i giorni e i mesi dell’anno e sulla parte superiore i segni zodiacali con i rispettivi periodi. Sui cerchi verticali sono riportati gli equinozi, i solstizi e le stelle fisse.

Una sfera in ottone, collocata al centro di un’asta metallica che collega il polo artico con il polo antartico, raffigura il sole che, nella teoria copernicana, è il centro del sistema solare (modello eliocentrico). Attorno al sole ruotano, a distanze diverse e su piani leggermente inclinati rispetto al piano dell’eclittica*, i pianeti sostenuti da archi metallici imperniati sull’asse verticale del planetario. Le estremità libere di questi archi sostengono dischi metallici verticali sui quali sono riportati i nomi dei pianeti e, quando sono noti, i rispettivi tempi di rivoluzione, il numero dei satelliti, le dimensioni rapportate a quelle della Terra e nel caso di Saturno gli anelli. A partire dall’interno si trovano, nell’ordine, i pianeti Mercurio, Venere, Marte, Nettuno, Saturno e Urano. Tra Marte e Nettuno ci sono Vesta, Cerere, Giunone, Pallade denominati da Herschel asteroidi. Tra Venere e Marte è collocato un braccio per sostenere la Terra e la Luna (mancanti).

L’ eclittica rappresenta il percorso apparente del sole nel corso dell’anno.

 

Coppia di telefoni (N. inv. 4378)

Riproduzione. Ciascuno dei telettrofoni consiste in una lamina vibrante solidale con un magnete inserito in una bobina metallica. Le vibrazioni del sistema lamina-magnete inducono nella bobina un segnale elettrico che viene trasmesso all’altro telettrofono mediante cavi. La trasmissione di messaggi vocali per distanze maggiori di qualche decina di metri, è molto ostacolata, nel caso di propagazione del suono in assenza di ostacoli, dalla dipendenza dell’intensità sonora dall’inverso del quadrato della distanza dalla sorgente. La scoperta, nel 1831, della induzione elettromagnetica da parte di Faraday (1791-1867) ha consentito, nel 1871, a Meucci (1808-1889), con la costruzione del telettroforo, di trasformare il segnale acustico in segnale elettrico. Questo segnale, che  può essere facilmente trasmesso a grande distanza mediante conduttori elettrici, ricevuto da un altro apparecchio, simile al primo, viene trasformato in un segnale acustico che riproduce fedelmente il suono di partenza. La scoperta del telefono per molti anni è stata attribuita a Bell (1847-1922) e solo nel 2002 il Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto a Meucci la paternità dell’invenzione. Il telettrofono rappresenta l’antenato dei moderni telefoni.

 

Bussola (N. inv. 4387)

Riproduzione. Bussola in radica di noce, carta e magnetite naturale. L’ago magnetico, posto su un perno, è libero di ruotare su un piano orizzontale. Sulla carta sono riportati i punti cardinali e un cerchio graduato. Notizie, non documentate, sulla proprietà di un pezzetto di magnetite o di materiale magnetizzato, sospeso su di un perno e libero di ruotare in un piano orizzontale, di orientarsi sempre nella stessa direzione risalgono a tempi molto remoti. I primi riferimenti storici della descrizione e della utilizzazione di strumenti, noti come bussole, basati su questa proprietà risalgono alla fine del XII secolo. L’ago magnetico, elemento essenziale di una bussola, nella sua rotazione attorno al perno, si dispone in un piano orizzontale puntando verso il polo nord magnetico della terra. Il piano verticale, contenente l’asse dell’ago, individua il meridiano magnetico locale che risulta inclinato, rispetto al meridiano terrestre (linea circolare che passa per i poli dell’asse di rotazione della terra), di un piccolo angolo noto come declinazione magnetica. La possibilità di orientarsi durante lunghi viaggi per mare e per terra indipendentemente dall’ora del giorno e dalla notte e da riferimenti stellari o locali, ha avuto importanti conseguenze nei collegamenti e nei commerci. Per queste ragioni la bussola è tra le invenzioni che maggiormente hanno contribuito alla storia dell’umanità.

 

Macchina fotografica (N. inv. 11958)

Riproduzione. La macchina fotografica è costituita da un soffietto di cartone che termina, da un lato, con l’obiettivo e, dall’altro, con un telaio per le lastre fotografiche. La luce viene regolata da un diaframma a iride. La camera oscura, antenato della macchina fotografica, venne descritta nel 1558 da G.B. Della Porta (1535-1615) sulla base di un fenomeno precedentemente osservato da altri scienziati fra i quali Alhazen (965-1039) e Leonardo da Vinci (1452-1519). Essa è costituita da una scatola con una parete laterale chiusa da uno schermo di vetro smerigliato o da carta traslucida. La parete opposta a questa ultima presenta un piccolo foro circolare attraverso il quale passa la luce riflessa da un oggetto esterno che forma sullo schermo una immagine capovolta dell‘oggetto osservabile per trasparenza. Il primo a registrare una immagine dalla camera oscura, utilizzando materiale fotosensibile e dopo lunghi tempi di esposizione, fu, nel 1816, J.N.Niepce (1765-1833). Nel 1839 L. J. M. Daguerre (1787-1851) mise a punto un nuovo procedimento (dagherrotipia) per riprodurre una immagine permanente. Questo processo consiste nell’esporre una lastra di argento ai vapori di iodio. La lastra, ricoperta da una sottile pellicola di ioduro di argento, viene esposta alla luce all’interno della camera oscura. L’immagine latente, che il processo fotochimico produce nella pellicola, viene successivamente sviluppata con l’esposizione ai vapori di mercurio. Da allora e prima della fotografia elettronica (1982) i progressi più significativi, nel campo delle macchine fotografiche, sono da attribuire ad ottiche sempre più luminose, all’introduzione delle pellicole in sostituzione delle lastre ed al controllo automatico dell’esposizione.


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