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La pietra e il legno: paesaggio e cultura materiale nella Tuscia

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DELLA TUSCIA

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Il paesaggio della Tuscia è il risultato di azioni intraprese dall’uomo sfruttando le caratteristiche del suolo, in primis la pietra lavica. Questo itinerario permette di approfondire la condizione privilegiata che si è andata stabilendo, nel territorio della Tuscia, tra morfologia del suolo e presenza dell’uomo, che fin dalle origini ha saputo sfruttarne le proprietà. A questo proposito, le collezioni del Museo della Città e del Territorio sono un'importante fonte di conoscenza per la storia dell’ambiente, del territorio, dei centri antichi, (con particolare attenzione per l’archeologia medievale e industriale), per la storia dell’architettura e dell’arte, delle tecniche e dei mestieri tradizionali maggiormente legati all’edilizia.

La pietra (1): Costruire in negativo

La pietra lavica, nelle sue innumerevoli varianti, ha permesso la realizzazione di complesse attività che si possono seguire, in maniera diacronica, fino ai nostri giorni. In primo luogo la capacità di modellare la pietra si esprime attraverso un minuzioso e millenario “modo di costruire in negativo”, evidente nelle necropoli rupestri etrusche con un altissimo livello costruttivo, nel medioevo e fino all’età moderna nella nascita di veri e propri insediamenti rupestri, a volte su più livelli. La pietra lavica è servita inoltre per l'edificazione di luoghi dedicati alla sacralità, alla devozione e alla solitudine eremitica, oltre che essere al centro di impotrtanti attività produttive.

In queste immagini, rappresentanti scorci del territorio della Tuscia, è possibile osservare come attraverso il modellamento della pietra l'uomo si faccia artefice del paesaggio in una modalità del tutto specifica e caratteristica di quest'area geografica-culturale.

La pietra (2): Dalla cava all'edificio

Un secondo aspetto riguarda, invece, la coltivazione delle cave da cui estrarre la pietra da costruzione, di cui il territorio della Tuscia è ricco. Pietre laviche, tra cui i peperini (ricordandole cave di Viterbo e Vitorchiano), hanno caratterizzato per secoli le murature di chiese, palazzi, case e fontane dei nostri centri storici. Nella catena del lavoro di estrazione, regolarizzazione, squadratura e rifinitura della pietra, grande importanza hanno, quindi, gli strumenti per la sua lavorazione nelle diversi fasi.

Il legno

Il paesaggio della Tuscia è caratterizzato dalla presenza di ampie foreste come la Selva Cimina, da cui l’uomo ha sempre ricavato la legna adattando alle proprie esigenze ed alle proprie necessità le aree di colto e incolto. La Selva Cimina è rimasta nella storia attraverso una ricca documentazione che, nel corso del tempo, ce la descrive come “impervia e impenetrabile” (Tito Livio), ma certamente è stata sempre una gran risorsa naturale.

Ricca di alberi d’alto fusto come i faggi, le querce, le farnie, i lentischi o i castagni costituisce una ricchezza unica anche per l’edilizia e l’arte manifatturiera. Dunque il ciclo del legno – prevalentemente utilizzato nell’edilizia costruita (capriate, orte, ecc…) - consiste innanzitutto nel taglio dell’albero con seghe di varia dimensione, scortecciamento e ulteriore taglio per ottenere la serie di tavole che verranno poi trasportate ai laboratori di falegnameria. Da questo momento, poi, si distingueranno le diverse funzioni a cui è destinata la materia prima: dai lavori di carpenteria alla creazione di manufatti per porte, finestre e mobilio di vario genere. Da qui una specializzazione molto ampia di strumenti di lavoro.

In alto, a destra: il Monte Soratte
In basso: fonti iconografiche per la conoscenza degli antichi strumenti di lavorazione del legno

Testi e immagini:  Elisabetta De Minicis

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