Qui a fianco:
Vista dei Fori di Piranesi
Museo di Geologia - Università La Sapienza di Roma
Il Museo di Geologia fu fondato nel 1873 dal medico e naturalista romano Giuseppe Ponzi (1805-1885), quando Pio IX, su insistenza dello stesso Ponzi, istituì la cattedra di Geologia, separandola da quella di Mineralogia e Geognosia. Ponzi era allepoca un eminente geologo che aveva rilevato e pubblicato una carta geologica della Campagna Romana già nel 1841.
Nel momento della sua costituzione, nel Museo di Geologia furono incorporati alcuni campioni e collezioni provenienti dalloriginario e unico Museo di Mineralogia (di origine Kirckeriana) che Ponzi aveva diretto per diversi anni. Grazie alla sua duttilità, attraverso gli eventi di quel delicato contesto storico in cui avvenne la trasformazione dallo Stato Pontificio al Regno dItalia, Ponzi riuscì a dare continuità al Museo, che andò arricchendo di campioni raccolti soprattutto nel Lazio e, più in generale, nellItalia centrale, che rilevò estesamente.
La prima sede del Museo fu il Palazzo della Sapienza, a quel tempo sede universitaria (Archiginnasio Romano) e attualmente Archivio di Stato. Nel 1928 fu separato e reso autonomo il Museo di Paleontologia e nel 1935, con l'inaugurazione della Città universitaria, il Museo di Geologia fu trasferito nella sede attuale e cioè allinterno delledificio di Geologia-Mineralogia progettato, nel 1932, dallarchitetto Giovanni Michelucci.
A partire dagli anni 60, per lo sviluppo dellattività didattica e di ricerca, prima dell'Istituto di Geologia e Paleontologia e poi del Dipartimento di Scienze della Terra, l'area del Museo (che ospitava una biblioteca e la Società Geologica Italiana) venne progressivamente erosa. Le attività del Museo venivano svolte prevalentemente in occasione di eventi al di fuori del Museo (quei recenti decenni furono i peggiori nella più che centenaria storia del Museo, che sembrò addirittura scomparire dalla memoria di molti).
Nel 2000, la nuova caparbia Direzione di Goffredo Mariotti riuscì a riaprire definitivamente il Museo inaugurandolo con una Mostra dedicata ai Rischi geologici nel territorio italiano. Nellattuale allestimento è centrale e ricorrente il rapporto tra il Pianeta e luomo.
Ma sono esposti anche diversi oggetti capaci di richiamare dei concetti geologici (come ad esempio una bottiglia ricoperta da un sottile velo di fango dellalluvione di Firenze o un revolver trovato nei depositi del Tevere, appartenuto alle truppe francesi che hanno combattuto contro la Repubblica romana del 1849). Il Museo ospita inoltre alcune ricchissime collezioni di sabbie, provenienti da tutto il Pianeta, che i piccoli visitatori possono ammirare al microscopio nella loro multicolore variabilità.
Un ampio spazio della sala è dedicato a Rischi e Risorse del Pianeta:
Per il rischio sismicità è stato per esempio realizzato un modellino con edifici, collegati ad un sismografo, capaci di oscillare e mostrare gli effetti delle onde sismiche (le classi in visita possono vivere lesperienza di generare una piccola scossa e osservare gli effetti sul sismografo).
Per le risorse un ampio spazio è dedicato allacqua (è possibile assistere ad esperienze pratiche che mostrano come lacqua piovana entra più o meno velocemente nelle rocce e va ad alimentare le sorgenti.
Di particolare interesse sociale sono alcuni globi paleogeografici rotanti dedicati a momenti significativi della storia della Terra (dal Siluriano, 430 milioni di anni fa allattuale), che il Museo ha realizzato con colori e tecniche in rilievo idonei per poter essere esplorati anche da visitatori ipo- e non vedenti.
Il Museo di Geologia rappresenta un valido punto di riferimento e di sostegno alla didattica per gli studenti dei corsi di Laurea in Scienze Geologiche, Scienze Naturali e Scienze Ambientali:
Il Museo espone alcune importanti collezioni storiche di Marmi antichi tra le quali le due collezioni ottocentesche di "T. Belli" e di E. Dodwell". Entrambe, costituite da marmette squadrate e lucidate di moltissime varietà di marmi e pietre ornamentali, sono considerate tra le più complete raccolte esistenti al mondo delle varietà di alabastri orientali, brecce, pavonazzi, cipollini, graniti, e marmi in genere, provenienti dagli scavi di Roma Antica e da varie località italiane ed europee. Molti di questi marmi corrispondono a quelli che si trovano nei Monumenti civili e religiosi della Roma di oggi, essendo stati reimpiegati nel corso dei secoli, per l'abbellimento delle più importanti strutture architettoniche della città.
Nella Roma ottocentesca era molto diffuso linteresse per la raccolta di marmi antichi. Archeologi e viaggiatori collezionavano le diverse varietà di pietre ornamentali che durante i secoli di vita dellImpero Romano avevano abbellito gli edifici pubblici e religiosi: Roma era anche il principale centro di raccolta dei marmi variamente colorati che provenivano dalle province dellImpero che si affacciavano sul bacino del Mediterraneo. Le principali fonti di approvvigionamento di marmi per i collezionisti furono, oltre che i pietrai e gli scalpellini, anche direttamente le rovine di Roma antica che erano state usate per secoli come unimmensa e ricchissima cava da cui i marmorari estraevano marmi policromi per ornare chiese e monumenti della Roma dei Papi,
La collezione "Marmi Antichi" ospitata presso il Museo è stata costituita verso la metà del XIX secolo dall'avvocato romano Tommaso Belli, al tempo Luogotenente Criminale del Vicariato, ed è generalmente considerata la raccolta di maggior pregio per qualità, bellezza e numero dei campioni. La Collezione fu commissionata nel 1841 e poi acquistata, ad un prezzo, molto elevato (6000 scudi romani), durante il pontificato di Gregorio XVI (1831-1846). Una piccola curiosità a completamento dellinformazione: la somma fu versata in tre rate, fra il 1847 ed il 1855. Purtroppo non ci è pervenuto il "Catalogo ragionato" della Collezione che era previsto negli accordi della Scrittura Privata per l'acquisto, datata 1841; il catalogo, che sopravvive nella trascrizione di H.Tolley, in realtà era un semplice elenco di nomi e località. Tuttavia la maggior parte dei campioni è corredata da alcune notizie, scritte a mano, su pezzi di carta, a volte sagomati, con alcune indicazioni (scritte presumibilmente da Tommaso Belli stesso) di quanto doveva poi essere trascritto nel " Catalogo ragionato (nomi scientifici e commerciali dei marmi, luoghi o oggetti dei manufatti antichi e dove è possibile vederli).
E curioso rilevare che, guardando il verso di questi pezzi di carta utilizzati per le note, le scritte a stampa ancora leggibili o ricostruibili mostrano chiaramente che i biglietti sono stati ricavati strappando locandine teatrali e giornali.
La "Collezione T. Belli comprende 636 marmette, perfettamente squadrate (cm 14x8x3) e lucidate su cinque delle sei facce, di una gran varietà di pietre ornamentali, tutte diverse fra loro (almeno per linteresse collezionistico) perché in realtà sono state indicate con nomi differenti anche le variazioni che possono caratterizzare naturalmente uno stesso tipo di roccia. Fanno parte della collezione: numerose varietà di alabastri orientali, brecce, pavonazzi, cipollini, graniti, porfidi e "marmi" (termine inteso nel senso etimologico e commerciale, ma non petrografico, della parola).
Il Museo di Geologia espone anche unaltra importante collezione ottocentesca di marmi antichi raccolta dal noto archeologo e viaggiatore inglese Edward Dodwell (1767-1832). Secondo una moda molto diffusa in quellepoca, anche Dodwell fece un lungo viaggio attraverso diverse località europee, tra cui naturalmente, lItalia. Durante i suoi viaggi raccolse, oltre che oggetti dinteresse archeologico, numerosi frammenti di marmi e rocce, sia lavorati e provenienti da antichi monumenti, sia naturali raccolti in cave, che fece ritagliare e squadrare in marmette di circa 11x11x2 cm, lucidate su una sola faccia. La collezione originale (247 marmi antichi oltre a marmi raccolti in cave e campioni ancora grezzi) originariamente era composta da oltre 2000 pezzi; la collezione conservata nel Museo comprende 1194 pezzi. Purtroppo non tutte le marmette conservate, recano annotazioni esaustive su nomi e località di provenienza (riportate, in genere, dallo stesso Dodwell di proprio pugno). Sui campioni prelevati dai marmi di scavo è spesso indicato il nome volgare ma non la provenienza, mentre in molti casi, soprattutto per i marmi non antichi cè la sola provenienza anche molto generica; lelemento registrato forse con maggiore costanza sembra essere la data della raccolta. Secondo quanto riportato dal Segretario generale della Direzione dellIstituto di Corrispondenza archeologica in Notice sur Le Musée Dodwell (Roma 1837), la collezione litologica fu valutata da Francesco Belli, intorno a 6000 piastre (corrispondenti a circa 32250 franchi). Purtroppo la storia del passaggio di questa collezione allallora Archiginnasio Romano (e quindi allattuale Museo di Geologia) non è perfettamente chiara. Sembra tuttavia che sia stata oggetto di donazione postuma da parte della famiglia Dodwell o della moglie, Contessa Teresa Spaur, che laveva ereditata.
La collezione, molto varia dal punto di vista litologico e vivace per aspetto e colori, oltre che di marmi antichi, è ricca di marmi provenienti dalle Isole Britanniche, dalla Grecia, dalla Francia e, naturalmente, dallItalia.