Tagliando da Sud a Nord il territorio provinciale, l'itinerario qui suggerito attraversa luoghi che forniscono un quadro contestuale ai reperti, permettendo di leggerli come testimonianze storiche dellevoluzione del bacino padano e di confrontarli con le condizioni odierne dei paesaggi di riferimento. Seguendo il filo della relazione millenaria fra acqua e terra, partiremo dai colli appenninici di Montese per poi scendere nella zona di Montale e successivamente avventurarsi nella bassa pianura passando per Moglia, S. Benedetto Po e terminare a Boretto nel museo della Bonifica.
In alcune zone del Comune di Montese labate Mazzetti (1818-1896) portò alla luce innumerevoli fossili, tra cui Echinidi (ricci di mare). Questi fossili sono presenti nella collezione denominata "Mazzetti", conservata presso il Museo dellUniversità di Modena e Reggio Emilia. Questi fossili sono presenti nelle collezioni Paleontologiche del Museo di Paleontologia dell'Università di Modena e Reggio Emilia è possibile trovarli anche nel Museo di Iola, un frazione di Montese. La presenza di questi fossili, associati a molluschi, pesci, balene, crostacei, coralli, testimonia che milioni di anni fa il territorio modenese, e di fatto tutta l'Emilia Romagna era sommersa dall'acqua. Ri-contestualizzare un fossile dell'Appennino non significa tanto tornare nel luogo da dove proviene ma immaginare' il contesto che ne è all'origine in termini spaziali e temporali (il catino padano coperto di acqua). Con un pensiero paesaggistico creativo, guardare dall'alto questocatino e vedere il mare di allora, poi la progressiva emersione delle terre emerse fino alla pianura di adesso, grazie alla bonifica, di cui si colgono i 'segni' che compongono l'immagine di quel territorio.
Link: Benvenuto a Iola di Montese - Visita il Museo
2. I fossili della Rocca di Vigoleno
3. La "Pietra Nera" dello Stirone
5. Le tracce fossili di Rocca Santa Maria
Le Terramare sono insediamenti di tipo palafitticolo di età bronzo media/recente (ca. 1650-1170 a. C.) di cui si sono rilevate significative presenze in alcune zone dell'Emilia; tali comunità si sviluppano nel periodo in cui il bacino padano era già emerso e il mare si era ritirato verso Est; buona parte del territorio presentava caratteri paludosi tali da renderlo poco vivibile e sfruttabile se non verso la pedemontana e in date isole in cui il terreno era sollevato. Rispetto al percorso storico-geografico proposto tali insediamenti si collocano nella fase cruciale dei primi tentativi di stabilire una presenza stabile nella nuova pianura padana emersa dopo la fase di prosciugamento e di stabilizzazione del .pliocenico??? Un tentativo che richiede, proprio per il carattere paludoso di quei luoghi, capacità di adattamento ed ingegnosità dei nostri antenati. Per ovvie ragioni gli insediamenti scoperti e studiati si collocano nella fascia pedecollinare, quella delle terre meno basse e quindi meno paludose.
Da visitare: il Parco Archeologico e Museo all'aperto della Terramara di Montale:
Il parco offre la straordinaria opportunità di vedere riuniti in un'unica proposta la valorizzazione degli scavi archeologici e un open-air museum animato da dimostrazioni di archeologia sperimentale e di antiche tecniche artigianali. Il parco di Montale è stato realizzato dal Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena in collaborazione con il Comune di Castelnuovo Rangone nel luogo stesso in cui sorgeva una terramara,uno dei tipici villaggi che nell'età del bronzo, fra il XVII e il XII secolo a.C., occupavano la pianura padana. Gli scavi archeologici effettuati dal Museo a partire dal 1994 hanno messo in luce un settore dell'antico abitato,visitabile dal pubblico, consentendo il recupero di una grande quantità di dati, utili non soltanto per ampliare le conoscenze scientifiche sulle terramare, ma anche per ricostruire parte del villaggio. Il Museo all'aperto propone una ricostruzione a grandezza naturale del fossato, del terrapieno con palizzate difensive e di due grandi case. L'interno delle abitazioni è arredato con suppellettili, vasellame, utensili, armi, vestiti che riproducono fedelmente gli originali di 3500 anni fa. Nelle vicinanze delle abitazioni sono stati realizzati impianti produttivi per la cottura della ceramica e la fusione del bronzo e impiantate le colture sperimentali di alcune delle piante documentate dagli scavi archeologici.
Url / sito: Parco Archeologico e Museo all'aperto della Terramara di Montale
Telefono: 059.203.3100 - cell. 059.532.020 / E-Mail: info@parcomontale.it
Dal III sec. a.C. la Pianura Padana comincia a essere colonizzata intensamente, fino a raggiungere un picco produttivo in età imperiale, quando molte delle sue terre sono coltivate a cereali. Le tracce della centuriazione romana sono visibili ancora oggi: basta osservare il reticolo stradale di alcune zone e la disposizione che i campi hanno conservato nei secoli. Un caso abbastanza evidente si ha nel territorio fra il fiume Secchia, Castelfranco Emilia e S'Agata Bolognese.
Bonificare significa intervenire su un terreno improduttivo per renderlo salubre e adatto all'agricoltura. Opere di bonifica furono intraprese in area padana fin da età antichissime. Si trattava di bonifiche idrauliche, necessarie a gestire, attraverso un'opera di regimazione, le acque di un territorio per evitarne, in primo luogo, l'accumulo in zone ribassate. Queste acque, scolate artificialmente, vengono separate da quelle a scolo naturale, le cosiddette acque alte, per garantire un assetto idrico ottimale.
In molte aree, a fine Ottocento, le opere di bonifica pre-esistenti non sono più efficaci per via dell'innalzamento dei letti dei fiumi, il Secchia e il Panaro. Nascono le congregazioni per la Bonifica, a Ovest del Secchia la Parmigiana Moglia, a Est la Burana. Sono le antenate dei Consorzi di Bonifica, destinati a cambiare stabilmente il volto di questi territori.
Nella bassa modenese e reggiana
Nella bassa bolognese
I consorzi di bonifica fra Reggio Emilia e Bologna oggi:
1- C. dell'Emilia Centrale; 2 - C. di Burana; 3- C. della Bonifica Renana.
Qui sotto: impianto idrovoro di San Siro