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Avifauna d’alta quota dell’Appennino Umbro-Marchigiano

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI PERUGIA

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Immagini dell'ambiente di riferimento:

Lungo le alte dorsali montuose che costituiscono l’asse orografico principale dell’Appennino Umbro-Marchigiano, a quote superiori ai 1.750/1.800 m s.l.m., oltre il limite superiore naturale della vegetazione arborea (Timber line), si aprono ambienti cacuminali costituiti da arbusteti, ghiaioni detritici, aspre pareti rocciose e praterie erbose, ricche di specie vegetali di origine artico-alpina. 

In questi particolari ecosistemi vivono varie specie animali perfettamente adattate alle difficili condizioni climatiche ed ambientali dell’alta montagna, molte delle quali di origine nordica o provenienti dalle fredde steppe degli altopiani centroasiatici, discese alle nostre latitudini nel corso degli ultimi periodi glaciali del Quaternario.  Tali ambienti, nella nostra regione limitati agli elevati rilievi dell’Alta Valnerina e dei Monti Sibillini, nell’angolo sud-orientale dell’Umbria, pur conservando considerevoli livelli di naturalità, hanno subito nel corso dei millenni l’impatto antropico. 

A partire dal Neolitico queste aree montuose sono state colonizzate da popolazioni umane, prevalentemente pastorali, che hanno profondamente modellato gli ambienti originari, plasmandoli in funzione dell’allevamento transumante, soprattutto di ovo-caprini. L’economia pastorale transumante, con alterne vicende di espansione e regressione, ha resistito in questi territori sino alla metà del novecento e sopravvive ancora, pur in dimensioni estremamente modeste e di marginale peso economico, in non poche località, come ad esempio negli altopiani di Castelluccio di Norcia ed in altre aree della catena dei Monti Sibillini. 

Molte delle attuali realtà ecologiche che caratterizzano gli alti rilievi di questa porzione dell’Appennino Umbro-Marchigiano si sono conformate ed evolute nel tempo in piena sinergia con le plurimillenarie attività umane, tanto da originare veri e propri “paesaggi pastorali”.  

 

Specie caratterizzanti:

Fringuello alpino (Montifringilla nivalis)
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Passeriforme di piccola taglia (lunghezza 18 cm, peso 40 g circa), dal caratteristico piumaggio grigio e bianco con remiganti primarie delle ali, timoniere centrali ed apice della coda neri , becco corto e robusto di colore giallastro che si annerisce nei maschi in periodo riproduttivo.

Questo uccello presenta un’ampia distribuzione geografica, dagli altopiani e catene montuose dell’Asia centrale, attraverso i rilievi del Vicino Oriente e dei Balcani sino alle Alpi, Appennini, Pirenei e monti della Cantabria.  Vive negli ambienti d’alta quota,  al di sopra dei limiti superiori della vegetazione arborea e al di sotto del limite inferiore delle nevi perenni, nelle Alpi dai 1.500 fino ai 3.500 m s.l.m., ma in Tibet sino ai 5.300 m s.l.m. 

Predilige le aree rocciose ed i prati erbosi cacuminali, dove in primavera ed estate si nutre sia di vegetali che di invertebrati, soprattutto insetti, mentre in inverno si limita ad un’alimentazione a base di semi. Il Fringuello alpino è una specie principalmente stanziale nelle regioni montuose eurasiatiche, ma nei mesi invernali più freddi  può divenire erratica e spostarsi a quote inferiori o in versanti montani meno esposti ai rigori del clima. Nidifica in primavera-estate in alta quota, dove costruisce nidi con materiali vegetali ed imbottiti internamente di soffici piume, nelle fenditure delle rocce o tra massi sparsi nelle praterie d’altitudine.

Nei rilievi montuosi più elevati dell’Appennino Umbro-Marchigiano e Laziale-Abruzzese, dai Monti Sibillini al Gran Sasso, al Velino-Sirente ed al  massiccio della Majella,  il Fringuello alpino costituisce uno degli elementi più caratteristici dell’avifauna montana e rappresenta un “simbolo” vivente di quegli aspri ed impervi  territori, dominati dal vento, dal bruciante sole estivo, dal gelo e dalle nevi del lungo e freddo inverno.  

Nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che si estende fra Umbria e Marche comprendendo per intero l’omonima catena montuosa con numerose cime oltre i 2.000 metri di quota e culminante nel Monte Vettore (2.478 m s.l.m.), la presenza di questa specie è limitata a poche coppie strettamente legate agli ambienti  rocciosi e prativi d’alta quota. In queste maestose montagne calcaree, durante la tarda primavera e l’estate, il Fringuello alpino tende a frequentare le massime quote, oltre i 2.000 m s.l.m., caratterizzate da praterie cacuminali, ricche di specie di piante erbacee  di origine artico-alpina, illirico-balcanica o endemiche dell’Appennino Centrale, da creste e pareti rocciose, ghiaioni  e distese pietrose colonizzate da  poche specie di  piante rupicole o particolarmente adattate a vivere su substrati  detritici e sassosi.  

Corvo imperiale (Corvus corax)
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Corvide di notevoli dimensioni, il più grande d’Europa (lunghezza 64 cm, peso 1250 g), caratterizzato da un piumaggio nero lucente, becco molto robusto e massiccio, sempre di colore nero. La coda ha tipica forma a cuneo, ben visibile in volo.

Il Corvo imperiale presenta un’ampia distribuzione geografica eurasiatica e nordamericana comprendente gran parte delle regioni boreali di clima temperato e subartico.  Vive in ambienti molto disparati, dalle fredde tundre dell’estremo Nord e dalle foreste boreali di conifere ai boschi temperati di latifoglie, alle macchie arbustive mediterranee, steppe e distese semidesertiche di clima temperato-caldo e subtropicale.

Frequenta anche ambienti costieri, soprattutto scogliere alle latitudini più settentrionali, come ambienti montani d’alta quota, dove predilige nidificare su anfratti di pareti rocciose. Onnivoro, si nutre sia di materiali vegetali che di animali, compresi piccoli Vertebrati, non disdegna le carcasse. Specie considerata stanziale in gran parte del suo areale.

Il Corvo imperiale in Italia è presente principalmente nell’Arco Alpino ed in varie aree montuose dell’Appennino Centro-meridionale e delle isole. Questo Corvide, vittima di forme eccessive di caccia e del degrado ambientale dei territori montani, viene considerato raro e minacciato in gran parte d’Italia.

Nell’Appennino Laziale-Abruzzese è stato oggetto di fruttuose campagne di reintroduzione in ambiti protetti particolarmente idonei, come nella Riserva Naturale delle Montagne della Duchessa e nei vicini massicci montuosi del Velino e Sirente.  Nell’Appennino Umbro-Marchigiano la specie risulta estinta come nidificante, anche se individui provenienti da territori limitrofi, sono stati più volte osservati nella catena dei Monti Sibillini.

Coturnice (Alectoris graeca saxatilis
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Galliforme di media taglia (lunghezza  35 cm, peso 650 g circa), dal piumaggio prevalentemente grigio con fianchi barrati di nero-bruno.  Caratteristica è la gola bianca circondata da un collare nero. Il becco e le zampe dell’adulto sono di colore rosso vivo. Il dimorfismo sessuale è molto attenuato. 

La Coturnice è un Galliforme che presenta una distribuzione geografica centrata nelle regioni centro-orientali  mediterranee, dai rilievi montuosi  della Penisola Balcanica sino alle Alpi, Appennini e Sicilia. Vengono riconosciute tre sottospecie Alectoris  graeca graeca, Alectoris graeca saxatilis, Alectoris graeca whitakeri. 

La sottospecie Alectoris graeca saxatilis è presente nelle Alpi, dalla Francia alla Slovenia, negli Appennini, dalla Liguria alla Calabria. Predilige ambienti submontani e montani, dai 900 m s.l.m. sino a oltre 3.000 m s.l.m., caratterizzati da praterie secche, arbusteti, zone rocciose, ghiaioni e distese pietrose e detritiche.

Si nutre principalmente di vegetali, soprattutto semi, ma anche di invertebrati. La Coturnice è un uccello stanziale nelle montagne mediterranee, ma negli inverni più freddi e nevosi  delle Alpi tende a movimenti erratici spostandosi a quote inferiori , anche in consistenti gruppi.  Nidifica in primavera-estate  e costruisce nidi a terra, tra rocce o bassi arbusti, rivestendo di materiale vegetale e piume una leggera depressione del terreno.  Nell’Appennino Umbro-Marchigiano e Laziale-Abruzzese , come del resto  in gran parte della catena appenninica, la Coturnice risulta una specie in declino, soprattutto a causa della caccia eccessiva  e del degrado degli ambienti erbacei d’alta quota.  In Umbria e nelle Marche poche sono le popolazioni  sopravvissute considerate vitali, in massima parte concentrate in aree relativamente remote ed impervie dell’Alta Valnerina e della Catena dei Monti Sibillini. 


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