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Università di Siena

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Cenni storici

Le origini dello Studium Senarum

Dalla caduta della Repubblica di Siena all’Ottocento

L’Università di Siena nel Novecento

Verso orizzonti internazionali

 

Le origini dello Studium Senarum

La storia dell’Università di Siena si è sviluppata lungo la tradizione culturale della Toscana, a partire dal Medioevo. Il primo documento rintracciato è un decreto podestarile del 26 dicembre 1240 e rivela il particolare modello giuridico dell’Ateneo senese, che si basava sulla diretta organizzazione del Comune. I cittadini che affittavano alloggi agli scolari dovevano, infatti, pagare una tassa: col ricavato di questa il Comune provvedeva a stipendiare i maestri, scelti naturalmente fra i migliori.

Un atto notarile della metà del XIII secolo ci informa che, a fianco della più antica Scuola giuridica, esistevano anche una Scuola di grammatica e una Scuola medica. Quest’ultima divenne ben presto autorevole, come dimostra la presenza tra i docenti di Pietro Ispano, illustre medico e filosofo, che verrà eletto papa nel 1276 col nome di Giovanni XXI.

La prima grande espansione dell’Università di Siena si ebbe nel 1321, quando molti studenti vi si trasferirono dall’Università di Bologna. Il Comune di Siena comprese subito che l’Università poteva divenire un avamposto culturale e politico molto importante e bisognava implementarlo. Deliberò immediatamente lo stanziamento di grandi somme di denaro per accogliere al meglio questi scolari, cui furono accordati numerosi privilegi, esenzioni di tasse e di franchigie. La fama dello Studio di Siena crebbe così notevolmente.

Il 16 agosto 1357, grazie al lungo e intenso lavoro diplomatico del Concistoro di Siena, lo Studio senese fu finalmente annoverato fra le Università del Sacro Romano Impero in un diploma concesso a Praga dall’imperatore Carlo IV. Tale riconoscimento permetteva di conferire tutti i gradi accademici in tutte le facoltà, esclusa quella teologica, e concedeva ampi privilegi e immunità a docenti e scolari.

Per questi ultimi, sul finire del XIV secolo, il vescovo della città propose di costituire un collegio, come già avevano fatto Bologna e Perugia. Fu così aperta nel 1416 la Casa della sapienza, collocata nei locali della soppressa Domus Misericordiae, che richiamò subito scolari da tutta Europa.

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Dalla caduta della Repubblica di Siena all’Ottocento

Dopo la caduta della Repubblica di Siena, nel 1555, le autorità cittadine chiesero al granduca Cosimo de’ Medici di conservare l’Ateneo “con tutte le sue rendite, entrate, privilegi et immunità […] come era solito avanti la guerra e nei tempi buoni”.

Le sorti dell’Ateneo, sotto il governo mediceo e poi lorenese, non tornarono a essere ai livelli dei “tempi buoni”, ma certo la città sostenne costantemente la propria Università.

Nel 1808 i francesi, occupando la Toscana, chiusero lo Studio senese, mantenendo però la Scuola medica che raggiunse livelli molto alti proprio in questo periodo. L’Università venne riaperta solo dopo la Restaurazione, trasferendosi dalla Casa della sapienza nei locali dell’ex convento di San Vigilio, dove ancor oggi si trova la sede del Rettorato.

Nel periodo del Risorgimento, nella delicata fase di costruzione dello stato italiano, gli studenti senesi si schierarono su posizioni apertamente patriottiche. Si costituì la Compagnia della guardia universitaria che partecipò alla prima guerra di Indipendenza. Tanta passione risorgimentale non poteva però mancare di preoccupare il granduca, che finì per chiudere la Scuola medica, facendo sopravvivere solo Giurisprudenza e Teologia.

L’Ateneo senese risollevò le sue sorti dopo il 1859, grazie anche all’aiuto degli enti cittadini e a una serie di riconoscimenti legislativi che dettero fama alle Scuole di Farmacia, di Ostetricia e, di conseguenza, alla Scuola di Medicina.

Nonostante tanto fervore, nel 1892 il ministro della Pubblica istruzione Ferdinando Martini propose il progetto di soppressione dei piccoli atenei, tra i quali quello senese. La proposta fu subito contrastata da uno sciopero generale dei commercianti, dall’intervento di tutte le istituzioni cittadine e da veri e propri moti popolari, che indussero il ministro a ritirare il progetto.

Scampato il pericolo, la città ritornò a investire grandi risorse per l'Università, che poté così istituire nuovi corsi di laurea e nuove facoltà.

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L’Università di Siena nel Novecento

Durante il ventennio fascista venne istituita la terza facoltà dell’Ateneo, quella di Farmacia, e il numero degli studenti superò le 400 unità, con un notevole incremento dopo il 1935 degli iscritti alla facoltà di Medicina.

Nel clima voluto dalla propaganda del regime molti docenti e studenti senesi aderirono al fascismo e la vita universitaria cominciò a svolgersi secondo le direttive del Partito, mentre la retorica del “libro e moschetto” andava a caratterizzare anche gli stessi interventi dei rettori. “Negli anni Trenta – scrive lo storico Giuliano Catoni – moltissime sono le tesi dei laureandi in diritto sul corporativismo e sulla concezione fascista dello Stato, e il tempo in cui Carlo Rosselli poteva discutere un argomento come quello dei sindacati operai (1923) è ormai molto più lontano di quanto non appaia dal computo degli anni.” Tuttavia, dopo la guerra d’Africa, alcuni intellettuali e studenti iniziano a rivedere il proprio atteggiamento cominciando, “anche per merito di tradizioni familiari ostili al fascismo oppure per l’insegnamento di qualche professore non conformista, a giudicare senza veli davanti agli occhi il regime”. L’ultimo e forse più significativo atto della comunità accademica senese in tal senso è la richiesta che quattro studenti indirizzano al rettore Francesco Spirito dopo il 25 luglio 1943, chiedendogli di dimettersi per aver esortato i giovani, con atteggiamenti retorici e propagandistici, a “compiere ogni sforzo per l’immancabile vittoria fascista”.

Il 3 luglio 1944 Siena fu liberata dalle truppe dal governo militare alleato, che occupò temporaneamente il palazzo del Rettorato. L’Università, praticamente inattiva dal 1943, quando la Toscana venne duramente investita dalla guerra e dalla lotta partigiana, riprese regolarmente i suoi corsi nell’autunno del 1944. Il 26 novembre di quello stesso anno, nella Sala del Mappamondo del Palazzo comunale di Siena, Mario Bracci, eletto rettore da poco più di un mese, inaugurò solennemente l’anno accademico richiamando alla mente l’esempio di Carlo Rosselli, che a Siena aveva compiuto i suoi studi, e laureando ad honorem tre studenti caduti come partigiani. Così, con un commosso e sincero omaggio a questi tre giovani e a tutti i caduti, Bracci inaugurò il primo anno accademico dopo la tragedia della guerra mondiale con queste parole: “l’Università di Siena si riapre oggi alla vita”. E fu veramente una rinascita per l’Ateneo senese che, se pure tra grandi difficoltà, iniziò una fase del tutto nuova nella sua storia secolare.

La vita universitaria riprese e gli iscritti all’Ateneo senese iniziarono ad aumentare in maniera costante. Nel 1949, anche a seguito della ricostituzione del corso di laurea in Scienze politiche, il numero di studenti superava il migliaio. Al di là dei semplici dati numerici, va sottolineato il fatto che, in questo generale incremento delle iscrizioni, una percentuale significativa di studenti proviene da altre regioni, soprattutto da quelle meridionali. Si va modificando, inoltre, la composizione sociale degli studenti. A tal proposito, nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno accademico 1945-46 Mario Bracci afferma: “Molti credono che nelle università vi siano soltanto i figli dei signori. Ho fatto una statistica per la nostra università: il 50% sono figli di impiegati, il 23% di professionisti, il 9% figli di operai e artigiani, il 5% figli di contadini e soltanto il 14% figli di possidenti e di commercianti”.

Gli anni Sessanta vedono la costituzione di due nuove facoltà, imprimendo un nuovo e deciso sviluppo alla vita dell’ateneo: la facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, e quella di Economia e commercio, destinata a far “convergere su Siena l’interesse del mondo economico e finanziario per una iniziativa originale e nuova della quale viene riconosciuta, anche all’estero, l’importanza per l’attività bancaria”. Un progetto ambizioso reso possibile anche grazie all’impegno della Città e delle sue istituzioni, in particolare del Monte dei Paschi. Così come nel 1472, al momento della costituzione del Monte Pio – da cui prenderà vita il Monte dei Paschi – la Sapienza vi contribuì in maniera importante con trecento fiorini, ora, quasi cinque secoli dopo, il Monte dei Paschi contribuisce fattivamente alla costituzione della facoltà di Scienze economiche e bancarie: una testimonianza concreta dello stretto e proficuo rapporto che lega l’Ateneo alla Città, fin dalle sue origini.

L’istituzione della facoltà di Scienze economiche e bancarie, così come la nascita negli anni Settanta delle due facoltà di Lettere e l’idea, divenuta realtà nel 1992, del corso di laurea in Scienze della comunicazione dimostrano che in alcuni periodi della vita dell’Ateneo senese, talora anche particolarmente critici, i suoi gruppi dirigenti hanno avuto la capacità di intercettare e far proprie le richieste provenienti dalle diverse componenti della società. E hanno saputo così comprendere, con grande anticipo, le macrotendenze in atto nel settore sociale e in quello economico, oltre che culturale, ritagliando specifici ambiti di azione per lo sviluppo qualitativo e quantitativo dell’Ateneo.

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Verso orizzonti internazionali

Dopo un’ondata modernista che ha attraversato il nostro Paese negli anni Settanta, sulla scia dei sentimenti di ribellione al passato che tanto hanno caratterizzato i movimenti giovanili, si ripropose negli anni Ottanta il grande tema della storicità e della riscoperta delle tradizioni. In questo contesto va inserito il complesso progetto che Luigi Berlinguer mise in moto per recuperare le testimonianze della storia dell’Ateneo senese e per tratteggiarne le vicende che attraversavano i secoli, dal Medioevo dei Comuni all’Italia repubblicana.

L’operazione, in realtà, non era nuova. Negli stessi anni Bologna festeggiava il nono centenario di vita del suo Studio con iniziative che riunirono nella città uomini di cultura, politici e rappresentanti del mondo accademico internazionale per onorare l’Alma Mater delle università.

A Siena, tuttavia, questo progetto tendeva a rimettere insieme, come in un mosaico, le tessere di un passato importante eppure talvolta dimenticato, recuperandone documenti, simboli e testimonianze.

Un grande lavoro di ricerca delle fonti e di riordino dei documenti e delle testimonianze sui sette secoli di vita dell’Università di Siena fu portato avanti da un folto gruppo di docenti dell’Ateneo; venne costituito l’Archivio storico dell’Università, iniziò la raccolta di collezioni di strumentaria medica, che sono poi confluite nel Centro universitario per la tutela e la valorizzazione dell’antico patrimonio scientifico senese (CUTVAP) e in seguito nel Sistema Museale Universitario Senese (SIMUS).

Il progetto sfociò in modo naturale, nel 1990, nelle celebrazioni per i 750 anni dell’Ateneo.

Ma tali celebrazioni non furono semplicemente il recupero di un passato glorioso, significarono anche l’inizio di una apertura verso il futuro e verso l’Europa.

“Noi abbiamo bisogno dell’Europa – affermò il rettore Luigi Berlinguer – perché non possiamo soffocare in un ambiente troppo ristretto e limitato. […] I nostri laureati dovranno poter lavorare in Europa, non solo in Italia. […] Anche la ricerca non è più autarchica, non ha più confini. Abbiamo bisogno di avere dei laureati europei e una ricerca scientifica europea. Quello che può diventare europeo, come era nel Medioevo e anche nel Rinascimento, è il livello, la qualità. […] E questo livello, questa qualità, se la standardizziamo a livello europeo può diventare davvero la vera unificazione del titolo e del mercato. Dobbiamo riuscire a fare in modo che ogni università abbia un livello tale per cui l’altra, di un altro Paese, si fidi di quel livello e riconosca oggettivamente il titolo.”

Questi aspetti e le tematiche relative ai programmi comunitari per la mobilità dei docenti e degli studenti, per la cooperazione tra atenei e imprese, e la stessa politica della nascente comunità europea sulla formazione superiore furono dibattuti a Siena nei tre giorni di studio Il sistema universitario e il 1992: prospettive per il 2000, che aprirono le iniziative in programma per celebrare il 750° anniversario dalla fondazione. Settanta raccomandazioni vennero redatte da rettori convenuti a Siena da tutta Europa, da tecnici, da manager di grandi aziende e dai vertici della commissione Cee, e consegnate ai dodici ministri della Cultura dei Paesi membri, delineando una vera e propria “nuova frontiera degli atenei”.

La memorabile cerimonia dell’inaugurazione del 750° anno accademico nella basilica di San Francesco, con l’omaggio di cento rettori europei, ha testimoniato in maniera inconfutabile l’apertura dell’Ateneo senese verso orizzonti europei e consolidato la sua dimensione internazionale.

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Per approfondimenti

http://www.unisi.it/

Orsini D. (2005). Gli anni dell'autonomia e della comunicazione. In Lovari A., Orsini D. (Eds.). La comunicazione utile. Il caso dell'Università di Siena, Franco Angeli.

Bruno A. (1997). Lo sviluppo dell’Ateneo. In La storia di Siena, vol. III, Alsaba, Siena.

(1991). L’Università di Siena. 750 anni di storia, Amilcare Pizzi Editore, Milano.


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