---

L'introduzione del sistema metrico decimale: il Gabinetto Metrico

Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI MODENA E R. EMILIA

INTRODUZIONE
ESPLORA LE COLLEZIONI
VISITA IL MUSEO
Vai a: TUTTI GLI ITINERARI SULLA STRUMENTAZIONE SCIENTIFICA || HOMEPAGE

L’Università di Modena e Reggio Emilia possiede una collezione di strumenti metrologici riferibili ai tentativi, condotti tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, di riordino e di controllo sulle comunità locali e sulle loro antiche prerogative metrologiche che portarono alla realizzazione, nella seconda metà dell’Ottocento, del Gabinetto di Metrologia nei locali contigui all’Osservatorio Astronomico ubicato nel torrione orientale del Palazzo Ducale.

A Modena il controllo pubblico sui pesi e le misure veniva esercitato dall’Ufficio della Buona Opinione la cui esistenza è documentata fin dagli Statuti del 1327.

Negli Statuti della Comunità di Modena del 1547, le norme relative all’Ufficio della Buona Opinione non subirono modifiche rilevanti rispetto agli anni precedenti; gli Statuti rappresentavano lo strumento fondamentale del governo cittadino per i quali la Comunità godeva di significativi margini di autonomia rispetto al potere ducale.

Il libro V degli Statuti regolamentava l’amministrazione delle vettovaglie. I Giudici delle Vettovaglie, stipendiati dalla Camera Ducale e ai quali toccava il controllo su pesi e misure, venivano scelti tra i Conservatori della Comunità che sottoponevano la nomina al Duca d’Este, al quale spettavano le decisioni finali in caso di controversie. Questo diritto, spesso esercitato a vantaggio del potere sovrano, creava non pochi conflitti tra gli interessi del ceto dirigente della Comunità e il governo ducale.

La complessa materia del controllo pubblico sulle misure ebbe un’ulteriore definizione nel gennaio 1607 con l’approvazione, ad opera del Consiglio dei Conservatori di Modena, dei Capitoli, nei quali vennero puntualizzate le norme che disciplinavano la nomina dell’ufficiale della Bona Opinione e le sue funzioni. Tra i suoi obblighi erano previsti la custodia dei campioni di pesi e misure e la loro consegna allo scadere del mandato. Alcuni esemplari di questi campioni sono oggi conservati nel Museo Civico d’Arte di Modena. I Capitoli rimasero in vigore fino al 1806. 

 I tentativi di unificazione di pesi e misure nel Settecento

Nella seconda metà del Settecento la nuova temperie culturale aperta agli influssi dell’Illuminismo transalpino, la pace e la stabilità politica evidenziarono l’urgenza di una riforma generale delle strutture finanziarie e politiche dello Stato. Negli anni Ottanta del Settecento rinnovate esigenze per la misurazione del territorio e per le attività economiche, funzionali alle riforme delle amministrazioni statali, resero più pressante l’interesse per la riforma e l’unificazione dei sistemi di misura.

A seguito del dibattito, avviato negli ambienti scientifici e colti, a Milano si procedette all’unificazione di pesi e misure nel 1781, nel Granducato di Toscana nel 1782, mentre a Modena, nonostante le sollecitazioni di Giovanni Battista Venturi (1746-1822), fisico e animatore dei circoli scientifici modenesi, l’argomento rimase circoscritto agli ambienti accademici.

Questa importante riforma avrebbe generato sostanziali risvolti economi; un sistema unitario, infatti, avrebbe favorito la promozione degli scambi commerciali interni ed esterni fino ad allora rallentati da una molteplicità metrologica e avrebbe sottratto queste operazioni alle frodi derivate dai lunghi e difficili calcoli di ragguaglio.

Nel 1787 proprio Venturi, già titolare della cattedra di geometria, istituzioni filosofiche e fisica presso l’Ateneo modenese, venne nominato matematico ducale e ricevette l’incarico di seguire gli affari relativi alle monete, alle misure, e ai pesi dello Stato.

Invano venne portato avanti il tentativo di unificazione dei pesi e delle misure nello Stato estense, a causa anche della resistenza delle comunità locali nei confronti dell’autorità estense sempre più intenta ad esautorare l’ufficio della Buona Opinione delle sue prerogative e rendite di posizione.

Non ebbero esito positivo neppure le proposte formulate dal Venturi nell’ambito dei lavori della neonata Commissione della Repubblica Cisalpina incaricata di occuparsi dei regolamenti sul commercio, le finanze, le misure e le monete a cui egli partecipò a Milano tra il 1797 e il 1798.

Sul modello della giovane Repubblica francese, il Venturi, seguendo la scelta della suddivisione decimale, propose di adottare il braccio cisalpino, pari alla metà del metro, per le misure di lunghezza e per le misure di massa i grammi di Francia mantenendo per quanto possibile le antiche denominazioni locali e consentendo ai privati l’uso delle misure correnti nelle loro transazioni.

Elaborò tavole di ragguaglio facendosi inviare strumenti fisici e misure campione dal Teatro Fisico dell’Università di Modena di cui, intanto, era stato nominato direttore.

Tra questi strumenti oggi di proprietà dei Musei Universitari, la bilancia che Venturi aveva fatto costruire al macchinista frate Agostino Arleri (1741-1821) per il Teatro Fisico e che gli servì per comparare le libbre utilizzate nei territori della Repubblica Cisalpina con i campioni della libbra piccola di Milano ed il grammo di Parigi.

Altri strumenti fatti acquistare dal Venturi per gli esperimenti nel Teatro Fisico e oggi presenti presso i musei universitari sono la tesa campione di Meurand, un marco di Parigi e un metro campione fabbricato da Etienne Lenoir.

La tesa è l’antico campione di lunghezza francese che, secondo la tradizione, era basata sulla statura di Carlo Magno. Era detta anche del Perù poiché venne usata per misurare il meridiano terrestre all’equatore in Perù tra il 1736 e il 1744.

Il re Luigi XV, nel 1766, ammise questo archetipo come campione nazionale per le misure di lunghezza. La tesa del Perù servì a fissare il valore del campione provvisorio (1795) e definitivo (1799) del metro, ovvero la decimilionesima parte del quarto di meridiano terrestre.

Giovanni Battista Venturi fin dal 1786 chiedeva che venisse acquistata una tesa per gli esperimenti al Teatro Fisico, potendosi affidare alla precisione con i quali erano realizzati gli archetipi francesi. Ma solo nel 1789, a causa degli oneri finanziari che questo acquisto comportava, riuscì a far giungere da Parigi a Modena la tesa in questione, opera del meccanico Meurand.

Il direttore dell’Osservatorio di Parigi Joseph-Jerome de Lalande (1732-1807), su richiesta esplicita dello stesso Venturi, aveva personalmente comparato la tesa di Meurand con la tesa dell’Accademia di Francia e ne aveva curato la spedizione al Teatro Fisico.

Anche la libbra o marco di Parigi, confrontato con l’archetipo realizzato dal soprintendente alla zecca di Parigi Tillet nel 1767 e depositato presso la zecca francese, fu tra gli acquisti che nel 1789 il Venturi propose per il Teatro Fisico e usato per compilare le tavole di ragguaglio tra le misure correnti nella Repubblica Cisalpina e le misure metriche nel 1798.

Il metro campione di Lenoir venne acquistato dal Venturi nel 1797 a Parigi e utilizzato anch’esso a Milano dall’illustre professore per la compilazione delle tavole di ragguaglio; Lenoir (1744-1832) fu, infatti, il primo a costruire campioni di misure secondo il sistema metrico decimale francese.

Tra gli strumenti che Venturi portò con sé a Milano e oggi al Museo Universitario, anche una mezza tesa suddivisa in piedi e pollici e una randa in ferro, entrambe conservate in una custodia in legno di noce. Questi due strumenti, presenti negli inventari del Teatro Fisico senza la data di ingresso, furono con probabilità acquisiti tra il 1789 e il 1792.

Testimonianza degli esperimenti di chimica e fisica all’interno del Teatro Fisico è anche la presenza, tra gli oggetti della collezione del museo, di una pesiera della fine del XVIII secolo con l’oncia di Parigi, di Bologna e di Modena e loro relativi sottomultipli; lo stesso Venturi ricorda come i fisici si servissero comunemente nei loro esperimenti della misura di Parigi.

Tra gli oggetti presenti nelle collezioni dei musei universitari anche una pila di pesi di massa 4 once Troy. Questi pesi, a forma di bicchieri in bronzo impilati uno dentro l’altro, erano noti anche con il nome di “pesi in stile di Norimberga”, dalla città che deteneva una sorta di monopolio in Europa nella loro fabbricazione. Venturi, durante il suo incarico come direttore del Teatro Fisico, acquistò, per i suoi esperimenti, i migliori campioni di misura esistenti in Europa e, probabilmente, questo oggetto venne acquisito in questo contesto.  

 Il modello francese, fra rivoluzione e resturazione

La legge del 27 ottobre 1803 introdusse, finalmente, il sistema metrico francese nella Repubblica Italiana. La legge consentiva non solo l’uso promiscuo tra le nuove e le vecchie misure, ma anche di mantenere le vecchie denominazioni per le nuove misure, permettendo così alla popolazione di abituarsi gradualmente al nuovo corso.

Nonostante la pubblicazione delle tavole di ragguaglio, non era stata però stabilita una precisa data per l’entrata in vigore del nuovo sistema, che slittò sia per le difficoltà organizzative nella costruzione dei campioni da distribuire alle Comunità, sia per l’assenza di una normativa che chiaramente attribuisse all’amministrazione statale il diritto di bollo sui pesi e le misure.

Appartengono a questo periodo due degli strumenti oggi presenti nella collezione dei musei universitari: il metro campione in ferro con la sua custodia in legno di noce e una pesiera con libbre metriche.

Il metro campione, suddiviso in decimetri e centimetri, e l’ultimo decimetro anche in millimetri, ha due sporgenze verticali esterne. E’ un sistema maschio-femmina, in cui l’unità di misura ufficiale era quella che si incastrava perfettamente tra le due sporgenze verticali.

Questo tipo di modello era tipico degli antichi strumenti di misura francesi, che poco dopo venne adottato anche nel Regno d’Italia quando si provvide a costruire misure campione da inviare nei dipartimenti del Regno.

La pesiera consta di 24 pesi metrici in ottone di forma cilindrica con bottone, su ognuno dei quali è indicata la propria massa. Nonostante fosse stato introdotto il sistema metrico decimale francese, per facilitarne l’adozione si permise di dare alle nuove misure, come detto, le vecchie denominazioni motivo per cui su ogni peso è impressa la dicitura in libbre, once, grossi, eccetera in luogo del chilogrammo, ettogrammi, decagrammi e così via.

A Modena intanto il governo toglie ai Giudici delle Vettovaglie la verificazione e bollatura dei pesi, delle misure, e delle bilance che semestralmente applicava agli strumenti di tutti coloro che vendevano pubblicamente a peso e a misura la propria merce. L’intento era quello di esautorare sempre più l’ufficio della Buona Opinione dai suoi poteri.

Le resistenze della Comunità modenese durarono una manciata di anni fino a quando, nel 1811, venne promulgata la legge sulla attivazione dei nuovi pesi e delle nuove misure basate sul sistema metrico decimale e sulla verificazione della bollatura effettuata da verificatori nominati dal ministro delle Finanze.

Con la Restaurazione del 1814 e il conferimento a Francesco IV d’Austria Este del Ducato di Modena, si assistette ad una situazione piuttosto stravagante. Nessuno pensò infatti di eliminare completamente i pesi e le misure della Rivoluzione, ci si limitò a un provvedimento che congelava la situazione esistente. Nella pratica le misure metriche convivevano assieme alla moltitudine delle misure locali e il tema dell’unificazione metrologica veniva accantonato.

In Piemonte nel 1846 venne ripresa l’idea di adottare il sistema metrico francese e furono ordinati i campioni di pesi e misure a Parigi.

Qualche anno più tardi anche Francesco V arciduca d’Austria Este sancì, con un Editto emanato il 17 ottobre 1849, che a partire dal 1852 nel Ducato Estense sarebbe stato introdotto il sistema metrico decimale al fine di uniformare le misure che erano ancora differenti da una località all’altra e una nuova regolamentazione per la verifica.

La riforma derivava dalla volontà di promuovere lo sviluppo del commercio verso gli altri Stati italiani, in particolar modo verso l’asse franco-piemontese e verso l’Austria, dove si riteneva imminente l’adozione del sistema metrico decimale.

Una Commissione Speciale, incaricata del Ministero delle Finanze, avrebbe dovuto svolgere sostanzialmente i compiti stabiliti nel decreto del 1849: compilare il regolamento relativo alla costruzione dei pesi e delle misure, compilare le Tavole di Ragguaglio e curare la costruzione dei campioni. Il conseguimento di tali operazioni necessitava del raffronto con gli archetipi del metro e del chilogrammo costruiti in Francia.

Con un chirografo del 27 ottobre 1849 Francesco V procedette alla nomina della Commissione speciale su pesi e misure presieduta da Stefano Marianini (1790-1866), presidente della Società delle Scienze. Il Marianini fin dal mese di agosto aveva proposto al Ministro delle Finanze Ferdinando Tarabini di incaricare Giuseppe Bianchi (1791-1866), precettore di Francesco V e direttore dell’Osservatorio Astronomico, di recarsi a Parigi per procedere all’acquisto degli strumenti.

Bianchi, su consiglio del Marianini, scrive al celebre fisico francese Jean-Baptiste Biot (1774-1862) per chiedere consiglio in merito.

Grazie alla preziosa consulenza di quest’ultimo, il governo estense poté indirizzare le proprie risorse verso gli archetipi e le strumentazioni francesi più idonei.

Biot consigliò non solo l’acquisto degli archetipi in platino e non in ottone, ma anche l’acquisto degli strumenti per la loro fabbricazione e duplicazione, proponendo Guilleme Perreaux (1816-1889) per la fabbricazione dei prototipi del metro, del comparatore e della macchina per dividere in linea retta, e Louis-Joseph Deleuil (1795-1862) per la fabbricazione dei prototipi del chilogrammo e della bilancia di precisione.

Nell’agosto del 1850, alla presenza di Giuseppe Bianchi e sotto la guida del Deleuil, del Perreaux, del Biot e del fisico e docente del Collegio di Francia Regnault (1810-1878), iniziarono a Parigi le prime comparazioni tra gli archetipi dei metri e dei chilogrammi destinati al Ducato di Modena con quelli francesi.

Oggi questi strumenti fanno parte della collezione dei Musei Universitari modenesi.

Nella costruzione del comparatore utilizzato per comparare tra loro le diverse misure campione di lunghezza, il Perreaux aggiunse, rispetto al modello del preciso comparatore dell’Osservatorio astronomico di Parigi, la possibilità di muovere i microscopi anteriori in senso perpendicolare rispetto al moto del telaio. Lo strumento, che oggi fa parte della collezione del Museo Astronomico e Geofisico, costituisce, dunque, già un perfezionamento rispetto al suo modello.

Il metro campione n° 2 di Perreaux, oggi al Museo Universitario di Storia Naturale e della Sperimentazione Scientifica, venne dapprima comparato con il campione in platino del Bureau des longitudes di Parigi, risultando più lungo del campione francese di 0,0133 millimetri, in seguito, visto il diverso coefficiente di dilatazione termica dell’ottone e del platino, si preferì comparare il metro di Perreaux in ottone con un campione dello stesso materiale.

Nello stesso museo si può osservare anche il chilogrammo campione n° 2 fabbricato dal Deleuil. Nel suo laboratorio egli comparò il chilogrammo tipo in ottone depositato presso il Ministero dell’Interno francese con i campioni realizzati per Modena; quello destinato a Modena risultò più pesante di ¾ di milligrammo. In seguito il Deleuil comparò il chilogrammo tipo in ottone del Ministero dell’Interno francese con il chilogrammo in platino dell’Osservatorio astronomico parigino notando una sensibile differenza tra i due. La differenza di materiali tra i due campioni parigini e soprattutto il fatto di non avere dati esatti sugli elementi fisici dei gas nel momento in cui si stabilì la massa del chilogrammo in platino dell’Osservatorio convinse a ritenere il campione esatto quello in ottone del Ministero dell’Interno francese. Non si ritoccarono, dunque, i campioni modenesi in quanto questi erano ritenuti più vicini a quelli in platino dell’Osservatorio e un ulteriore loro modifica avrebbe probabilmente prodotto delle differenze in senso inverso.

Nel dicembre del 1850, conclusi a Parigi i confronti tra i campioni francesi e gli archetipi destinati a Modena, gli strumenti scientifici vennero inviati in un appartamento del Palazzo Ducale adiacente all’Osservatorio astronomico che venne adibito a laboratorio metrologico; qui il Bianchi e il Marianini verificarono un’ultima volta le comparazioni.

Nel gennaio del 1851, vi fu la consegna ufficiale all’Archivio Segreto del metro portante il numero 1 e del chilogrammo I, al Ministro di Finanza del metro 2 e del chilogrammo II, mentre il metro numero 3, il chilogrammo 0 e le macchine, tra cui il comparatore di Perreaux e la macchina per dividere in linea retta di Perreaux, rimasero all’Osservatorio astronomico.

Nel febbraio del 1851 Cesare Zoboli, già addetto al laboratorio meccanico dell’Osservatorio, venne incaricato di sovrintendere al “maneggiamento degli archetipi e macchine già venute da Parigi”.

Il lavoro della Commissione non fu privo di ostacoli. Il ministro Tarabini, infatti, premeva affinché le tavole di ragguaglio fossero completate entro i termini stabiliti dai provvedimenti del 1849.

Il Marianini in una missiva del 7 ottobre 1851 al Ministero delle Finanze consegnò il Regolamento introno alle condizioni per le misure metriche, ma al tempo stesso comunicò che le Tavole di Ragguaglio non erano ancora state completate.

Le maggiori difficoltà che incontrò la Commissione erano date dalla scarsa collaborazione delle Comunità locali che, nonostante la circolare ministeriale inviata alle Comunità il 12 gennaio 1850, tardavano ad inviare i campioni di misura e le notizie ad esse relative, adducendo le più svariate motivazioni.

A queste difficoltà di carattere amministrativo si aggiunsero l’inadeguatezza dei locali adibiti ai lavori sia della Commissione che del laboratorio metrologico.

Questi disagi allungarono oltremodo i tempi dell’entrata in vigore del nuovo sistema di misure, tanto che la Commissione ritenne opportuno rinviarla al 1° gennaio 1853 rispetto a quanto stabilito nel decreto del 1849, che fissava il termine al 1° gennaio 1852.

Non era facile, infatti, istruire le Comunità sulle nuove misure e i nuovi pesi; molte Comunità non erano neanche dotate dei campioni, e si nutrivano dubbi sulla presenza di officine e di artefici capaci di fabbricare le misure metriche.

Nonostante questi rallentamenti e le pressioni del ministro che metteva in dubbio il lavoro della Commissione, finalmente nell'agosto del 1852 si concludeva di fatto il faticoso lavoro di misurazione per la stesura delle Tavole di Ragguaglio che il duca Francesco V approvò insieme al regolamento il 26 agosto.

Il duca concesse la facoltà di usare per un triennio, nelle transazioni tra privati, le vecchie unità di misura. Trascorso questo periodo, i privati avrebbero dovuto affiancare queste alle corrispondenti misure decimali riportate nelle tavole di ragguaglio.

La situazione, però, rimase molto incerta e confusa; il delegato del Ministero dell’Interno constatò che non era ancora chiaro se i campioni delle nuove misure sarebbero stati forniti alle Comunità dal Ministero delle Finanze o se le Comunità avrebbero dovuto provvedere da sole.

Si decise allora che sarebbero state le amministrazioni locali ad accollarsi le spese della costruzione dei campioni da sottoporre, in seguito, all’approvazione della Commissione. Alcune amministrazioni mostrarono interesse a dotarsi della serie di campioni costruiti eventualmente dallo Zoboli, altre Comunità si rivolsero ad artigiani locali.

I lavori della Commissione e del laboratorio metrologico, intanto, andavano a rilento anche per le difficoltà riscontrate nel reclutare verificatori e costruttori delle nuove misure idoneamente preparati.

La situazione di stallo che si creò spinse il Ministero delle Finanze, con una notifica del 29 dicembre 1855, a posticipare ulteriormente l’entrata in vigore del sistema metrico decimale al 1° gennaio 1857. Per non incorrere in ulteriori ritardi e dotare al più presto le Comunità della serie di campioni, il ministero avocò a sé la fabbricazione degli strumenti.

Venne individuato il fabbricato delle scuderie di Hannover come luogo ideale per ospitare un’officina metrica dotata di tutte le attrezzature necessarie; si avviarono i lavori di ristrutturazione e adattamento dei locali e venne incaricato lo Zoboli come sovrintendente tecnico ai lavori. Una vera impresa di carattere industriale per l’epoca, dunque, che doveva durare, però, solo il tempo necessario per la costruzione di tutte le serie di campioni per il ducato.

L’officina apre nel giugno del 1856 e, nonostante alcune carenze di personale e di attrezzature, dopo pochi mesi aveva già fabbricato 72 metri destinati alle Comunità e 14 serie di campioni in ottone di misure lineari e di massa destinate agli uffici centrali e periferici dell’amministrazione dello stato.

Risalgono a questo periodo il litro campione e il mezzo decalitro che fanno parte della collezione dei musei universitari.

Il litro campione, un cilindro in ottone riposto nella sua custodia di latta, non ha i manici per la presa a differenza di come si presenta, invece, nei disegni del Regolamento intorno le condizioni degli strumenti per le misure metriche del 1852; non era neanche tra gli archetipi che il duca Francesco V ordinò a Parigi, e, per tali ragioni, è possibile credere che questo campione fosse stato fabbricato proprio nell’officina metrica.

Anche il mezzo decalitro venne costruito nell’officina metrica tra la fine del 1857 e gli inizi del 1858, anno in cui la Commissione dei pesi e delle misure venne sciolta.  Il punzone posto sul bordo superiore, infatti, raffigura un’aquila con le ali spiegate, la testa volta a sinistra sormontata da una corona e proprio in quel periodo la Commissione e il meccanico dell’officina Zoboli propongono, come bollo da apporre sui campioni delle serie fabbricate all’officina, proprio una aquila sormontata da una corona.

Grazie alla competenza del Marianini e del Bianchi, il laboratorio metrologico si guadagnò una buona reputazione in tutta Italia, tanto da arrivare a costruire gli archetipi del metro e del chilogrammo anche per il governo del Lombardo-Veneto, e ciò grazie agli strumenti più all’avanguardia di cui si era dotata.

Pur con mille difficoltà l’opera portata avanti dalle più fervide e illuminate menti degli scienziati e tecnici modenesi rivestì, dunque, un importante ruolo nello sviluppo della metrologia italiana di cui l’università di Modena e Reggio Emilia conserva le testimonianze più preziose.

Jean-Babtiste Biot (1774-1862) / Louis-Joseph Deleuil (1795-1862) / Louis-Guillaume Perreaux (1816-1889) 


 Gli strumenti più rappresentativi della collezione


Metro campione, Etienne Lenoir, Parigi, 1795-1797 

Metro campione a testate e a tratti diviso in decimetri e centimetri e il primo decimetro anche in millimetri. Consente di effettuare misure di campioni di lunghezza. Utilizzato a Milano per la compilazione delle tavole di ragguaglio nel 1798. Giuseppe Bianchi ricorda che il metro di Lenoir fu comparato scrupolosamente con il braccio di Modena dall'abate Giovanni Battista Venturi, il quale acquistò il metro campione di Lenoir personalmente nel 1797. La Commissione speciale sui pesi e le misure istituita nel dicembre 1849 lavorò alla comparazione di misure lineari in uso presso il Ducato estense servendosi di questo metro.

 

 

 


Comparatore di Perreax, Parigi, 1850 

Comparatore a microscopio con base in ferro fuso sulla quale sono poste due guide in ferro su cui scorre un telaio dello stesso materiale avente anteriormente due microscopi a tubo in ottone ed assi verticali, dotati inferiormente di viti per la regolazione della messa a fuoco e posteriormente un sostegno verticale in ottone entro il quale può inserirsi un terzo microscopio che serve sia per il comparatore che per la macchina per dividere.

Questi microscopi sono dotati di una vite micrometrica del passo di mezzo millimetro e divisa in 250 parti che serviva a misurare le differenze fra le coincidenze microscopiche delle misure.

Una volta poste le estremità dei campioni in coincidenza microscopica, ossia in modo tale che osservate al microscopio collimino, tramite la vite micrometrica è possibile rilevare e misurare differenze dell'ordine di un millesimo di millimetro.

 


Chilogrammo campione n° 2 , Deleuil Louis Joseph, Parigi, 1850 

Peso campione in ottone di forma cilindrica con bottone di massa 1 chilogrammo. Abbinato ad una bilancia, consente la determinazione per confronto della massa-peso di un oggetto in esame. Nel laboratorio di Deleuil a Parigi dove si costruiva la bilancia destinata al ducato di Modena, si comparano il chilogrammo tipo in ottone depositato al Ministero dell’Interno e un chilogrammo dello stesso materiale costruito da Deleuil per giudicare la sensibilità della bilancia realizzata.

In seguito si comparò il chilogrammo campione n° 2 realizzato da Deleuil con i campioni realizzati per Modena e quello di Deleuil risultò più pesante di ¾ di milligrammo rispetto al chilogrammo del Ministero. Tutte le comparazioni vennero eseguite alla presenza di Giuseppe Bianchi che a Parigi era giunto per apprendere il montaggio e l’uso dei delicati e precisi strumenti che lì si erano appena costruiti. Una volta giunti a Modena il 18 gennaio 1851 si procedette alla comparazione dei chilogrammi campione.

 


Metro campione n.2, Perreaux Louis Guillaume, Parigi, 1850

Metro campione in ottone à bouts (a testate) e à traits (a tratti) diviso in decimetri e il primo decimetro anche in centimetri e millimetri.

Consente di effettuare misure di campioni di lunghezza accostando il metro al campione da misurare e rilevandone la lunghezza. Tre metri campioni fabbricati da Perreaux (dal costo ognuno di 100 franchi francesi) vennero comparati nell'Osservatorio di Parigi su un comparatore costruito da Henri Prudence Gambey.


Chilogrammo campione dell'Officina Metrica modenese, Modena 1851-1858

Peso campione di forma cilindrica con bottone di massa un chilogrammo. Abbinato ad una bilancia, consente la determinazione per confronto della massa-peso di un oggetto in esame. 


INTRODUZIONE    ESPLORA LE COLLEZIONI    VISITA IL MUSEO