Itinerario a cura dell'UNIVERSITÀ DI MODENA E R. EMILIA
L’Università di Modena e Reggio Emilia conta oggi sette istituzioni museali. La storia della maggior parte di essi (Museo di Zoologia e Anatomia Comparata, l’Orto Botanico, il Museo Mineralogico e Geologico Estense, i Musei Anatomici, il Museo di Paleontologia) si lega variabilmente alla importante riforma universitaria voluta da Francesco III d’Este nel 1772 il quale, al pari di altre esperienze italiane ed europee, dette all'Università il compito della formazione specialistica della nuova classe dirigente, assumendo il diretto controllo del suo funzionamento e provvedendo al suo diretto finanziamento. In questo contesto vennero create e arricchite le collezioni come oggi le vediamo. Il Museo Astronomico e Geofisico invece è una istituzione più recente in quanto fondata, secondo quanto riporta la lapide in marmo ancora oggi presente nei locali dell’Osservatorio, nel 1826 e raccoglie importanti strumenti sia di osservazione astronomica che misurazioni metereologiche databili dalla seconda metà del XVII alla seconda metà del XIX secolo.
L’idea di dotare Modena di una Specola astronomica fu concepita dall’arciduca Massimiliano, il quale, nel 1814, entrò in contatto con un giovane modenese, Giuseppe Bianchi, un valente scienziato da poco laureatosi a Padova presso la Facoltà Fisico Matematica. Grazie proprio all’intervento di Massimiliano, Francesco IV concedette a Bianchi una borsa di studio che gli consentì di andare a Milano per completare i suoi studi di astronomia presso l’Osservatorio Astronomico di Brera. Nel 1818 gli fu affidata dal marchese Luigi Rangoni, magistrato agli Studi di Modena, in accordo con il Rettore dell’Università Paolo Ruffini, la cattedra di Astronomia Teorica, cattedra istituita apposta per lui, e l’incarico di direttore della Specola che avrebbe dovuto essere realizzata anche a Modena. Già nel mese di gennaio Bianchi aveva spedito da Milano al Rangoni una lista di strumenti da acquistare come fondamentali per impiantare un Osservatorio: uno strumento dei passaggi per le ascensioni rette, un cerchio meridiano, un cannocchiale acromatico e un telescopio equatoriale per le osservazioni extra meridiane. Su indicazione di Bianchi, Rangoni, nel 1818 commissionò all’ottico Georg von Reichenbach a Monaco il cerchio meridiano, che arrivò a Modena nel 1823, e gli altri tre strumenti al modenese Giovan Battista Amici, abile ottico e costruttore di strumenti scientifici.
Nel 1863 la direzione dell’Osservatorio passò al modenese Domenico Ragona, forte sostenitore degli studi meteorologici e prolifico scrittore. Nel 1865 progettò e fece costruire la prima finestra meteorologica, migliorando e consentendo misurazioni termometriche che fino a quel momento erano eseguite sul terrazzo senza alcuna protezione. Dotò l’Osservatorio di rilevanti strumentazioni anche grazie al sostegno di Cantoni, consulente scientifico ufficiale del primo Servizio Meteorologico ufficiale fondato in Italia nel 1865 grazie all'iniziativa del Ministero dell'Agricoltura. Realizzò inoltre due strumenti importantissimi per precisione e chiarezza, un pluviometro orario nel 1876 e un evaporigrafo intorno al 1870.
Strumento che serve a determinare le coordinate equatoriali degli astri mediante osservazioni fatte nel piano del meridiano. Fu ordinato dal Governo Estense nel 1818: fu il primo strumento ottico vero e proprio dell'Osservatorio, con il quale il Bianchi iniziò le ricerche di astronomia e posizione.
Lo strumento dei passaggi è formato da un telescopio che può ruotare attorno ad un asse orizzontale perpendicolare al proprio asse ottico e, in genere, disposto stabilmente in direzione est-ovest. Questo tipo di strumento è usato insieme ad un orologio, regolato secondo il tempo siderale (della Luna), e permette di determinare l'ascensione retta di un oggetto celeste attraverso la rilevazione dell'istante di tempo in cui avviene il suo passaggio al meridiano. Ha una struttura simile a quella del cerchio meridiano; quest’ultimo però permette anche la misurazione della distanza zenitale dell'oggetto celeste osservato da cui si ricava, conoscendo la latitudine del luogo di osservazione, la sua seconda coordinata, la declinazione.
Con questo strumento furono effettuate numerose osservazioni astronomiche relative alle stelle doppie, al Sole (diametri, eclissi e macchie), ad alcuni pianeti (soprattutto Saturno) e alle comete.
Si tratta di un telescopio costruito da amici secondo il modello inventato da Isaac Newton (XVII secolo) e perfezionato in seguito da William Herschel (XVIII secolo). È costituito da un tubo di legno in fondo al quale è posto uno specchio metallico di 13 cm di diametro. uno specchio secondario è posto invece in prossimità dell’oculare, inclinato di 45°. in origine era dotato anche di un apposito “cercatore di comete” e di vari oculari.
Il pluviometro serviva a misurare la pioggia caduta annualmente e venne installato da Giuseppe Bianchi nel 1830 sulla terrazza: qui si trovava l'imbuto, mentre l'anfora era posta nella stanza degli strumenti meridiani. Il serbatoio conteneva fino a 20 lt di acqua. Durante il periodo in cui l'Osservatorio venne diretto da Domenico Ragona (1863-1892) al pluviometro si unì un collettore a ventiquattro scomparti per la raccolta della pioggia oraria. Il pluviometro fu utilizzato per un periodo di almeno cent'anni.
L’evaporigrafo era una registratore ideato e costruito dal Ragona; un meccanismo a orologeria aziona il tamburo rotante su cui veniva collocata l’apposita cartina graduata che consentiva dunque di registrare su carta l’andamento orario dell’evaporazione. Lo strumento veniva posto in capannina e quindi non colpito direttamente dai raggi solari. L’acqua subiva quindi un lento processo di evaporazione dipendente principalmente dall’umidità relativa e dalla temperatura.
L’igrometro permette la misurazione dell'umidità relativa mediante calcolo della temperatura di rugiada. Questo strumento è costituito da una piccola lastra argentata posta su di un piedistallo e collegata ad una scatola metallica: quest’ultima veniva riempita di etere in cui veniva immerso un termometro (oggi mancante). La scatola era poi collegata ad un tubicino con pompetta che serviva per fare gorgogliare l’etere producendo un raffreddamento che determinava una condensa sulla lastra argentata. La temperatura misurata all’istante della rilevazione della condensa corrisponde alla cosiddetta temperatura di rugiada.